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SAILOR FREE The fifth door The Labyrinth 1994 ITA

Prendetela pure come una bestemmia, ma in cuor mio ho spesso pensato che la distanza tra prog e grunge non fosse poi così abissale... mi è capitato sovente di sentire gruppi come TEMPLE OF THE DOG, ALICE IN CHAINS o TOOL alle prese con soluzioni compositive non proprio ovvie, anche se in nessun caso, chiaramente, si può correttamente parlare di progressive. Stavolta è successo il contrario: mi sono trovato ad ascoltare un gruppo etichettato come prog (non si può pensare ad altro quando nella strumentazione si legge Mellotron, Minimoog, piano, VCS3, violino...) alle prese con schemi che inevitabilmente richiamano esponenti della scena di Seattle. Dopo un'introduzione ("Intro II"), che sembra fatta apposta per farti credere di trovarti di fronte ad un disco di puro prog, i SAILOR FREE ti spiazzano infatti completamente infilando un paio di brani ("Wild" e "The token") che sembrano usciti dritti dritti da "Jar of flies" di ALICE IN CHAINS, e ciò non solo a causa della voce di David Petrosino che somiglia tanto a quella di Layne Staley. Se con la successiva "Safe Heavens", sembra di rientrare su lidi a noi più congeniali, con "Revolution is at hand" si torna in pieno grunge, condito con alcuni pizzichi di U2. Più progressive "The fifth door", "Fairy Queen" e soprattutto la bella "Tears", forse l'unico pezzo dell'album che rientra pienamente in tale definizione, ma oramai avrete già capito cosa aspettarvi da questo CD, che rappresenta forse il primo tentativo di contaminare il prog con il grunge (cos'è, grunge-prog?), anche se sarebbe più corretto affermare il contrario. I SAILOR FREE sono da biasimare per questo? Ovviamente, dipende dai punti di vista. Nonostante quello che probabilmente avrete pensato, il CD non mi è dispiaciuto affatto. Basta solamente che non venga spacciato come progressive, ed allora lo potremo accettare così com'è, come una possibile alternativa ai sinfonismi che ci rimbalzano continuamente nelle orecchie. Un'ultima notazione per la copertina, opera di quel Michael Bennett che già ci aveva deliziato con quella del TRONO DEI RICORDI... davvero splendida.

 

Riccardo Maranghi

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