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CHERNO Complicity vision Poseidon Records 2006 JAP

Agosto, caldo. Il vento di scirocco riarde la gola. Arrivi a spiaggia con gli amici e vedi subito quelle meravigliose onde. Sono imponenti e in sequenza rapidissima. Stringi bene i laccetti del costume e sotto. I primi momenti sono fantastici, divertenti oltremodo. Superare i momenti e i passaggi più difficili è la cosa che dà maggior soddisfazione. Poi inizia ad arrivare la stanchezza: le gambe si irrigidiscono, i muscoli non rispondono come dovrebbero, le onde ti prendono malamente e rischi di farti male, arrivano i crampi per il troppo tempo passato senza mettere i piedi a terra. Quello è il momento di uscire.
Ciò che esprime questa perifrasi è l’immersione nella musica dei Cherno. Non c’è canzone né canzonatura, non c’è respiro nella ritmica serrata di una batteria generata dai programmatori in loop. La melodia, quando si intravede tra un’onda e la successiva è compressa tra le note di una chitarra inacidita e lancinante e un sax strappato all’anima del demonio.
Il duo giapponese Shin SUGAWARA (sax, synt) Junichi KISHIMOTO (guitar, guitar synt) non sposta gli accenti dei precedenti lavori. Il vortice di musica avanguardistica travolge l’ascoltatore e lo risucchia in una spirale senza fine. C’è un riferimento allo Zeuhl francese, ma soprattutto a quello nipponico che si rifà a quello francese. C’è sperimentazione di stampo Rock in Opposition, qualche momento che ricorda gli Area con Tofani. Troviamo un palese amore per Fripp nei suoi momenti più aggressivi. C’è, in particolar modo, l’idea della musica ostica e a tratti inaccessibile, quale spirito espressivo solo ed ultimo e quale scopo del gesto artistico di trasmissione di un pensiero, che talvolta potrebbe non sfiorare neppure un potenziale ascoltatore.
Sulla home page del loro sito si legge: “The rhythm is RECONSTRUCTED While the harmony is DESTROYED. No music exists for all!!” É chiaro indice di quanto il duo ci voglia trasmettere.
I brani, nove in tutto, derivano da incisioni durate un intero anno, dal settembre 2004 al settembre 2005. Due brani (Gestalt Collapse 1 & 2) derivano dalle Gestalt Session con il batterista Onuma Shiro. Estremamente indicative per rifarsi alla corrente psicologica dedicata alle “leggi dell’organizzazione della forma” attraverso vicinanza, similarità, destino comune, direzione e forma chiusa. Quanto esattamente si trova nella loro musica e al contempo l’esatto opposto.
Le tracce di maggior impatto “Zapping TV” con atmosfere arabeggianti e strappi di sax alla Alan Skidmore (fin troppo richiamato, specie gli episodi con i Ninesense). “Crazy Go-Around” è un tentativo – riuscito - di creare un’atmosfera metropolitana di traffico, caos e claustrofobia cubica. Per le due parti di “Gestalt Collapse” eseguite con il batterista “umano” discorso di chiara provocazione free-jazz esasperato, con tanto di distorsioni agli amplificatori seventies. Più Rock, nel loro incidere “Top Butler” e 5th Drive #2” con richiami pesanti a certi King Crimson o saltano fuori, a tratti, Hendrix e Zappa, nei loro più temibili eccessi. Il brano finale “Alternative Magma” dovrebbe essere un tributo ai grandi Kobaïani, ma il risultato non è troppo convincente soprattutto per l’eccessiva esasperazione dei temi Vanderiani in fatto di ripetitività e per l’aggressività di fondo troppo “metallica”.
Un lavoro non certo dedicato ai progster abituati alle mielosità di un Clive Nolan o alle sinfonie tranquille e pacate di qualche songwriter scozzese dedito al NewProg. Per apprezzare questo lavoro occorre aver masticato jazz sperimentale, avanguardia, RIO e Zeuhl per anni.
Dovendo esprimere un parere personale trovo questo lavoro riuscito per gli intenti prefissati, ma non privo di difetti. Il CD è soprattutto penalizzato dalla mancanza di sezione ritmica, parte dove l’elettronica non potrà mai dare la definizione variegata del gesto umano. L’incisione è troppo enfatizzata e un’equalizzazione meno pesante avrebbe giovato all’ascolto consecutivo di tutte le tracce, che quindi risultano “stancanti” non solo sotto l’aspetto compositivo. Altro difetto già citato e ripreso anche da altre recensioni precedenti e la ripetitività troppo esasperata. Non penso che lo riascolterò nei prossimi mesi, ma averlo lì, disponibile, mi sta bene.

 

Roberto Vanali

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