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EDERA And mouth disappears Ma.Ra.Cash 2006 ITA

Andando a rileggere la recensione che scrissi per il precedente album degli Edera mi ritrovo nella situazione di dover ripetere tutto quanto, quasi parola per parola, in occasione dell'uscita di questo loro secondo lavoro (che poi sarebbe il terzo, se vogliamo contare un'autoproduzione del 2002). La band conferma tutti i propri riferimenti stilistici e le proprie caratteristiche in questo suo nuovo album, ma la differenza sta nella maturità raggiunta che ha consentito loro di dare alle stampe un lavoro altamente personale ed artisticamente validissimo. "And mouth disappears" consta di un'unica lunga suite divisa in 19 movimenti, tutti molto brevi, con una punta di 6 minuti, ma non bisogna pensare ad un lavoro di Prog sinfonico tout-court che ricalchi più o meno gli stilemi delle band Prog in questi frangenti. L'album è certamente molto frastagliato ma si struttura come una lunga canzone, in cui grande importanza viene data all'ottimo cantato di Valerio Valentini e limitate sono le parti prettamente strumentali. Ripeto quanto già scritto in precedenza, dunque: "La musica ha certe movenze del Prog metal, pur non rientrando in questa categoria; si può pensare a certe cose dei Queensrÿche più melodici o dei Clepsydra, senza dimenticare Savatage e Queen come ispirazione di fondo". Altrove dicevo anche che ci muoviamo nell'ambito del new Prog, pur in presenza di trame dark ricche di pathos. In sostanza la musica degli Edera è carica di drammaticità e ricca di sfumature e stili diversi; il suo ascolto si rivela ogni volta sempre nuovo e a tratti coinvolgente. Il cantato ci accompagna per quasi tutti gli episodi dell'album; è una voce carismatica ma fragile… personalmente mi ricorda molto Lanzetti, ma certe volte lo stile di David Surkamp dei Pavlov's Dog mi viene prepotentemente alla mente (pur con una timbrica molto meno acuta). Mi allargo a definire Valerio uno dei migliori cantanti della scena Prog italiana attuale, specie dopo questa convincente nuova prova, dotato anche di una buona pronuncia inglese. Tuttavia non ritengo che la sua presenza sia opprimente nei confronti della prova strumentale del resto della band; mi sento anzi di plaudire per l'ottima sapienza compositiva della band che sa inserire ottime parti strumentali, sia quando queste prendono il sopravvento, sia come accompagnamento alle parti cantate. Insomma… dopo un primo album discreto ma non esaltante, la band milanese sforna un secondo album decisamente convincente e senz'altro da ricordare come una delle migliori prove che il Prog italiano ci abbia offerto negli ultimi anni. Tutto ciò… a parere di chi scrive, ovviamente.

 

Alberto Nucci

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