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KOENJIHYAKKEI Angherr shisspa Skin Graft 2005 JAP

Formazione a cinque per il quarto album dei Koenjihyakkei, creatura del batterista Tatsuya Yoshida, protagonista di certa avanguardia giapponese degli anni recenti e che per l’occasione è affiancato da Kengo Sakamoto al basso e voce, Miyako Kanazawa alle tastiere e voce, Kyoko Yamamoto alla voce e Komori Keiko ai fiati e voce. Confermata la scelta di puntare sulla musica zeuhl, in una veste che vede insieme la maestosità dei Magma e la frenesia tecnica e esagerata dei Ruins. Si parte subito alla grande, con i vocalizzi femminili eterei che aprono “Tzidall raszhisst”, pronti a prorompere in quella veemenza sonora che contraddistingue spesso le produzioni di Yoshida, con piano e fiati che viaggiano veloci su ritmi funambolici per un jazz-rock scatenato e bizzarro. A questo brano ne seguono altri sette che mantengono grosso modo la stessa lunghezza d’onda ed è davvero un piacere constatare come in questa occasione Yoshida & Co. abbiano puntato su una minore agitazione ed una maggiore ricerca sonora. Tra gli altri, da segnalare la title-track, a cavallo tra “verbo di Vander” e Soft Machine, “Fettim paillu”, che parte con piano e voce soprano, tra musica da camera e opera lirica, per poi esplodere in qualcosa di più vicino alla classicità zeuhl di “Mekanik Destruktiw Kommandoh” e passare per momenti ariosi guidati da sax e piano, fino all’ultimo minuto in cui si riprendono i temi iniziali (il tutto tra vertiginosi cambi di tempo). In questo disco scompare la chitarra, fanno il loro ingresso i fiati, non c’è più quel delirio a tratti estremo e quell’assalto violento che spesso hanno caratterizzato Ruins e Koenjihyakkei in passato e si denota un forte progresso in fase compositiva. Restano i suoni tormentati del filone zeuhl, resta la voglia di stupire per mezzo di abilità strumentali non comuni, resta la proposta di non facile ascolto da rock d’avanguardia, ritornano in maniera preponderante i richiami ai Magma, ma contemporaneamente aumenta la creatività, aumenta la capacità di coinvolgere, aumenta la componente jazzistica. L’entità Koenjihyakkei sembra aver scelto una strada precisa da percorrere e, arrivata a piena maturazione, con “Angherr Shisspa” raggiunge quello che probabilmente può essere comsiderato il vertice della sua carriera.

 

Peppe di Spirito

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