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ARPIA Racconto d'inverno (CD e libro) CD: Musea, libro: Marietti 2009 ITA

Non mi sbagliavo: Arpia è definitivamente un’entità destinata a meravigliare a ogni release; i motivi del nuovo stupore sono molteplici, ed è indispensabile analizzarli uno per uno.
“Racconto d’inverno” non è solo un disco, ma assai di più: è anche un romanzo di Leonardo Bonetti (ed. Marietti) di importanza perlomeno paritetica, tanto che non si può comprendere appieno il senso dell’uno prescindendo dall’altro. Nel libro si narrano le peripezie, mentali prima che fisiche, di un uomo che fugge dai disastri di una guerra civile - il collegamento spirituale con “Liberazione” (1995) è plausibile - approdando in un luogo che trasuda mistero. La casa, l’ambiente circostante, una nuova conoscenza: tutti elementi di un viaggio iniziatico che porterà (forse) il protagonista a un livello superiore di consapevolezza. Chi era avvezzo al Bonetti criptico ed ermetico dei testi degli Arpia si sorprenderà di quanto egli sia invece abile nel descrivere con minuzia certi paesaggi esteriori e interiori. Oltre alle dichiarate influenze di Landolfi e Tarkovskij, è secondo me agevole riscontrare una cospicua dose del nostrano, classico decadentismo, oltre che, a tratti, il gusto per l’introspezione psicanalitica simil-sveviana. Meglio, comunque, non svelare altro, per non togliere la sorpresa al lettore.
Ed eccoci, ora, al disco. Tanto era deflagrante e potente “Terramare”, quanto, per contro, “Racconto d’inverno” suona acustico e intimistico. Se le armonie sono riconducibili alla matrice-Arpia, l’aver optato per una strumentazione quasi sempre unplugged è novità non da poco. Nell’epoca del digitale, molti si vedono ‘costretti’ ad allungare il brodo: Arpia no. In 42 minuti è concentrato un vero florilegio di emozioni. Non meravigli il fatto che i pezzi contenuti siano ben 19: quella in esame è, in pratica, un’unica suite, tutt’altro che frammentaria e, anzi, assai logica nel suo procedere. Vero è che la prima parte dell’opera è più scarna, ma ciò è certo funzionale al prosieguo, che trova un primo acuto nel magnetismo di “Ladri e stranieri”, col suo arioso, lugubre incedere: ottime le parti vocali dello stesso Bonetti e di Paola Feraiorni, già apprezzata in “Terramare”. Una ritmica marziale ben scandisce il testo di “Soldati!”, mentre in “Un lupo”, che pone in evidenza le atmosferiche tastiere e il basso, è più facile rinvenire gli Arpia del passato prossimo, come del resto nella maestosa “Gli scantinati”, solenne estrinsecazione di caducità.
In un periodo in cui tutti inseguono le effimere mode del momento o, all’opposto, restano fedeli a un tranquillizzante cliché, Leonardo Bonetti, Paola Feraiorni, Fabio Brait e Aldo Orazi dimostrano di saper innovare, sempre nel rispetto del proprio messaggio lontano dalla banalità.



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Francesco Fabbri

Collegamenti ad altre recensioni

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ARPIA Liberazione 1995 
ARPIA Terramare 2006 

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