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SYZYGY Realms of eternity FHL Records 2009 USA

Tutti quelli che si sono stancati di ascoltare versioni un po' troppo plastificate del prog contemporaneo, ma che non vogliono rinunciare a suoni bombatici e lucenti, architetture complesse e generose dosi di sinfonicità possono prendere in considerazione questo album, il terzo prodotto dai Syzygy. Avevamo accolto positivamente il precedente "Allegory of Light", esaltandone l'ecletticità e la maturità e possiamo sicuramente affermare che questo disco ne rappresenta un'evoluzione successiva. I lavori per la realizzazione di questo album si sono protratti per cinque lunghi anni, cosa che ha permesso alla band di limare ogni particolare, dall'artwork, alle liriche al lavoro di produzione e bisogna dire che tutto questo sforzo si percepisce bene in questo che tra l'altro è un disco di notevole durata (77 minuti circa). Si nota subito una presenza estensiva delle parti cantate, affidate sempre a Carl Baldassarre (che si occupa anche di chitarre e Theremin) con l'aiuto dell'ospite Mark Boals (già al fianco di Yngwie Malmsteen e Royal Hunt). Questa scelta rende secondo me la musica dei Syzygy più completa ed interessante, considerando anche che la timbrica piacevole di questi due artisti e l'equilibrio fra sequenze strumentali, ampie e ricche, e cantate. Lo stile della band è, secondo il loro costume, una piacevole commistione di influenze diverse, con sonorità che mescolano soluzioni sonore moderne a piacevoli pennellate vintage, con un'ampia varietà di tastiere. Fra i tanti riferimenti posso selezionare Yes, Kansas, Nathan Mahl, soprattutto per le contaminazioni fusion, ma anche Gentle Giant, Spocks' Beard, EL&P e UK. Se questo elenco vi spaventa sappiate comunque che tutti questi modelli sono convogliati in uno stile unitario che non dispiacerà affatto a tutti quelli che nella musica prog amano trovare tantissimi ingredienti. Ad essere onesti la prima traccia non mi aveva proprio convinto: si tratta di un lungo pezzo di circa 10 minuti, interpretato dalla voce tagliente di Boals, che per i miei gusti scorre forse in maniera troppo pesante e a volte aggressiva. Si tratta comunque di sensazioni che si arrestano a questa prima canzone perchè la musica è destinata a sbocciare in maniera rigogliosa, culminando nella lunga suite "The Sea" che si articola in ben 8 movimenti con tanto di "Overture" e "Finale". In questo frangente il gruppo dà il massimo, unendo con equilibrio melodia, complessità e sinfonicità. Le ultime parole le spendo per parlare dei testi, molto spirituali, che si riferiscono ad aspetti della vita ultraterrena e che nel loro complesso vogliono essere una specie di ringraziamento a Dio. Se amate il prog sinfonico moderno di matrice americana, questo album è fortemente consigliato perché si tratta sicuramente di uno dei prodotti più interessanti realizzati quest'anno e che spero vogliate prendere in considerazione, abbandonando per una volta i soliti noti.


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Jessica Attene

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