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CHANETON |
Sombras distantes |
autoprod. |
2010 |
ARG |
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Quindici anni di vita, tre album in studio, una line-up stabile nel tempo ed una passione altrettanto immutabile, quella verso i Marillion ed il New Prog Britannico in genere, sono gli elementi chiave che caratterizzano la creatura di Alex Chaneton, chitarrista e fondatore della band, conosciuto anche per aver suonato nei Mandragora e, più recentemente, con Machy Madco. Questo nuovo album rappresenta quello che ci saremmo aspettati dai Chaneton: tanta melodia condita da fragranze tipiche dei primi Marillion, rinfrescate in qualche maniera dal cantato in spagnolo che conferisce ad uno stile ben collaudato e noto agli appassionati qualcosa di vagamente insolito. Ad essere onesti però bisogna dire che la dipendenza dal modello amato si è leggermente allentata con gli anni, portando a composizioni più dilatate e tendenti più decisamente verso la musica cantautoriale argentina o addirittura verso l’AOR, anche se certi manierismi inconfondibili sono sempre lì, fra le pieghe di un Moog o fra le linee vocali di Patricio Villanueva, con il suo stile decisamente à la Fish. Il songwriting è disteso e lineare, quasi monotono nella ripetizione di una formula che la band riesce a declinare con disinvoltura, non si perde in inutili barocchismi ma viene centrato tutto sulla melodia portante del pezzo che facilmente potrà essere ricordata e riconosciuta da chi ascolta. Per chi ama un certo tipo di musica non è affatto difficile entrare in sintonia con questo album, comodo come dei vecchi e larghi vestiti usati, che, anche per quel che riguarda il sound, non si sforza minimamente di apparire moderno e ci riporta in un batter di ciglia agli anni Ottanta. Il disco nell’insieme appare malinconico e dimesso e questa sensazione si viene molto ad amplificare quando gli arrangiamenti si fanno essenziali, come ad esempio in “La cruz en el parque”, scandita dalla ritmica lenta e pigra di una batteria suonata quasi per forza di inerzia, o come in “Memoria de un adios”, con le sue tastiere vaporose ed il suo incedere quasi svogliato. Raramente la musica riesce a prendere il volo e praticamente mai è in grado di stupirci o di suscitare ammirazione. Tutto questo immobilismo potrà piacere a chi di tanto in tanto ha voglia di affondare i propri pensieri in una soffice e vecchia poltrona, lasciando ad altri momenti la voglia di elaborare, riflettere, divertirsi o far lavorare in qualsiasi maniera le proprie cellule cerebrali. Se cercate qualcosa di consueto e riposante lo troverete qua, in questo album noioso ma dopo tutto piacevole e ben fatto nel suo genere. E allora buon riposo… ehm… buon ascolto!
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Jessica Attene
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