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Negli ultimi venti anni la Polonia ha dato non poche soddisfazioni agli amanti del new-prog e della melodia. I Collage negli anni ’90 sembrava potessero dare nuovo vigore ad un movimento i cui paladini (Marillion, IQ, Pendragon) vivevano anni di cambiamenti e di incertezze. “Basnie” e “Moonshine” aprirono la strada a molti gruppi che i cultori hanno seguito con interesse, a partire dai Quidam, che a loro volta hanno dato una nuova spinta verso il romanticismo rock, puntando anche sulla grazia di una voce femminile (esempio seguito poi da Anamor e Turquoise). A riassumere un po’ gli elementi che caratterizzano gli artisti citati ci pensano oggi i Travellers. Non è un caso che abbiamo fatto riferimento ai Collage, visto che questa nuova band nasce su iniziativa del loro batterista Wojtek Szadkowski (successivamente impegnato anche con Satellite e Strawberry Fields). E’ lo stesso drummer a descrivere i contenuti dell’album “A journey into the sun within”, spiegando come al progressive che sta alla base si aggiungono elementi di musica etnica e sonorità anni ’80, il tutto messo in risalto dalle doti canore della vocalist Robin. A completare la line-up ci sono poi Grzegorz Leczkowki alle chitarre e Krzysiek Palczewski al basso, mentre delle tastiere si occupa lo stesso Szadkowski. Sono gli undici minuti di “Magic” a presentarci i Travellers: una delicata introduzione, molto coinvolgente, ci porta al minuto e mezzo dove facciamo anche la conoscenza della cristallina ugola di Robin, davvero ammaliante e pronta a farci sognare con morbide e belle melodie. La composizione sembra proseguire al meglio, con crescendo sonori, raffinate chitarre, cambi di tempo e breaks in cui si ravvisano quei passaggi etnici cui fa cenno Szadkowski. La parte centrale è però protratta un po’ per le lunghe e quando comincia a ravvisarsi qualche ritmo elettronico l’interesse scema un po’, ma si risolleva verso la conclusione grazie alla ripresa del tema iniziale. Tra pop-prog à la Quidam e space-rock dai tratti floydiani si muove “Letters to God” ed è proprio la piacevole vena melodica a prevalere in questo e in brani come le delicata “Dreaming” e “I see the light”, che, oltre ad evidenziare ulteriormente il timbro suadente di Robin, mostrano anche un certo tiro. In genere potremmo dire che quando prevalgono le tastiere le atmosfere sono molto ariose, mentre quando va in primo piano la chitarra si spinge maggiormente sul versante rock ed entrambe le caratteristiche si affacciano in “I dream softly”. Il finale affidato a “The Sun” conferma la buona propensione melodica dei Travellers, ma al contempo contiene anche quei ritmi elettronici ed un sound “di plastica” che non fanno decollare il brano. Le trovate interessanti nell’album, per chi ama il rock sinfonico, ci sono e nemmeno in piccole quantità, ma i ritmi elettronici ed alcune lungaggini fanno sì che si perdano un po’ troppo durante l’ascolto. Poteva essere un “must” nel suo genere e invece sembra quasi un’occasione parzialmente sprecata. Sufficienza ampissima, forse si potrebbe dare anche un 7 a questo lavoro, ma aspettiamo la band ad una nuova prova sperando che riesca a limare quei difetti che abbiamo intravisto.
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