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AIRBAG The greatest show on Earth Karisma Records 2013 NOR

Giungono al terzo album i norvegesi Airbag, che continuano nel loro percorso di sonorità avvolgenti e spacey, dalle caratteristiche un po’ dark e che solo di tanto in tanto si fanno più dure. Il quintetto formato da Anders Hovdan (basso), Asle Tostrup (tastiere), Bjørn Riis (chitarre), Henrik Fossum (batteria) e Jørgen Hagen (tastiere) non si vergogna a seguire le orme tracciate da una delle più leggendarie band di sempre: i Pink Floyd. Non che sia l’unica fonte di ispirazione, ma sicuramente il marchio di fabbrica floydiano anni ’70, contraddistinto da chitarre liquide, atmosfere suggestive, timbri puliti, è chiaro ed avvertibile. Fortunatamente si tratta di uno di quei casi ben lontani dal clonaggio senz’anima di una musica che ha lasciato un segno indelebile, perché le composizioni degli Airbag, oltre ad essere incredibilmente coinvolgenti e cariche di feeling, sono costruite davvero con garbo e abilità, mostrando dei musicisti consapevoli e sicuri di quello che fanno ed in un grande momento di forma.
Se magari i primi brani “Surveillance (part 1)” e “Redemption” sembrano una versione modernizzata e più rock dei Pink Floyd, con sonorità che riportano alla mente anche i Porcupine Tree, ecco che in seguito i riferimenti alla storica band britannica si fanno molto più evidenti. E così, a partire da “Silence grows”, malinconica ballad dalle raffinate melodie, che va in crescendo e che sembra quasi una outtake dell’ultimo album di David Gilmour e dalle visioni oniriche di “Call me back”, con sound liquido ed una cavalcata semi psichedelica, gli Airbag dimostrano ancora più chiaramente il loro punto di riferimento. Con “The greatest show on Earth” e, soprattutto, con i sedici minuti e mezzo della traccia conclusiva “Surveillance (part 2-3)” il percorso è completato alla perfezione, con la band che attinge a piene mani dai Pink Floyd di “Echoes”, di “Shine on you crazy diamond” e di “Comfortably numb”, tra atmosfere rarefatte, magiche suggestioni sonore, spunti sinfonici ma non troppo, melodie d’alta scuola e lunghissime parti chitarristiche che esalteranno sicuramente chi ama il tocco gilmouriano. Lasciarsi cullare dalle note di questo disco degli Airbag è un piacere davvero difficile da descrivere a parole, perché si va a toccare una passione passata e mai sopita, che solletica sottili emozioni, rievoca brividi indimenticati e sfiora il cuore in continuazione. Il rischio di fare brutta figura e di essere aspramente criticati nella scelta di proporre questo tipo di musica è sempre enorme, così come quello di essere accusati di mancanza di personalità. Eppure con gli Airbag ci ritroviamo al cospetto di musicisti che, mostrando di essere “padroni” della musica eseguita, scegliendo i timbri più affascinanti, mettendo ogni nota al punto giusto e riuscendo a ricreare un sound magari datato, ma tutt’oggi incantevole e credibile, sono capaci di ottenere un risultato finale che è assolutamente vincente.


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Peppe Di Spirito

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