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L’ALBERO DEL VELENO Le radici del male Lizard 2013 ITA

L'Italia ha sempre avuto una tradizione molto importante nelle colonne sonore di film horror, regalandoci spesso dei veri gioiellini musicali che hanno vissuto di vita propria al di là dell'abbinamento col film. Giusto per citarne alcune possiamo ricordare “L'Uccello dalle Piume di Cristallo” di Ennio Morricone, “Profondo Rosso” e “Suspiria” dei Gobilin, “Shock” dei Libra, "Aldilà" e "Paura nella città dei morti viventi" di Fabio Frizzi. Forse non è una casualità, ma molti di questi musicisti sono stati strettamente legati al mondo prog e queste colonne sonore possono essere tranquillamente catalogate come dischi progressive. Tutto ciò a testimonianza di come questo genere musicale si sposi bene nel descrivere immagini e atmosfere orrorifiche.
Tuttavia questa "scuola" negli ultimi 30 anni è andata via via sparendo, vuoi perché il cinema di genere in Italia ha avuto sempre meno spazio, vuoi perché il progressive è passato completamente di moda.
L' Albero del Veleno, con il loro primo album "Le Radici del Male", ha come intenzione di rinverdire questa felice e fruttuosa tradizione italica. Purtroppo l'album in questione non è legato a nessun film, ma è altresì ovvio come questa musica sia nata per essere accompagnate da immagini horror.
il loro manifesto programmatico è chiaro, la band lo dice chiaramente, uno dei loro obiettivi e fare una colonna sonora. Inoltre la loro musica durante i concerti è sempre accompagnata dalla proiezione di video, ogni brano scritto è infatti affiancato da una sceneggiatura originale per la realizzazione di cortometraggi e non ha caso nel cd è presente uno di questi video.
Ribadiamolo esplicitamente: "Le Radici del Male" prima di ogni cosa è un album progressive, un album dal sapore retrò che si rifà ai Goblin, ma non solo… potrebbero venirci in mente anche gli ungheresi Solaris. Un album che si va ad inserire in una nicchia, dove negli ultimi anni pochissime band e quasi nessuna italiana si è inserito. Andando all’estero possiamo trovare N. Barker, sia da solo che con i Morte Macabre, o anche i connazionali Anima Morte. In Italia marginalmente i Ranestrane con “Nosferatu” e “Shining” i Daal con “Dodecahedron” hanno avuto un progetto per certi versi simile.
Tuttavia, a differenza di questi ultimi, L’Albero del Male non scende a compromessi. Hanno fatto una scelta stilistica, la perseverano fino in fondo con coerenza e rigore e raggiungono il loro fine. Già dall'artwork molto minimale, ma efficace, è evidente l'essenzialità della loro proposta, non si perdono troppo in fronzoli poco funzionali e sono sempre ben focalizzati.
L'album ovviamente è retrò e i suoni totalmente vintage, ascoltarlo è un'esperienza anacronistica. Ciò non è una critica, ma un punto a loro merito perché questo è il loro obiettivo, recuperare certe sonorità e atmosfere… e ci riescono. Chiudi gli occhi e puoi immaginarti immagini che non hai visto e che probabilmente sono le stesse che mostrano nei loro concerti.
Non esiste un pezzo debole nell'album si alternano ritmi incalzanti, atmosfere cupe e disturbanti, tetre viole, cavalcate più propriamente prog con flauti alla Ian Anderson. Troviamo "ovviamente" anche un medley di Fabio Frizzi, una delle maggiori fonti di ispirazione della band.
E' difficile muovere appunti alla band, forse in alcuni momenti potrebbero asciugare un po’ più la loro proposta. Sembrano nati per fare questo tipo di musica e, seppur in un ambito musicale abbastanza ristretto, forse alla lunga potranno rimanere "schiavi" di questa scelta, cosa peraltro capitata agli stessi Goblin. Ad ogni modo c'è tempo per preoccuparsi di tutto ciò. Inutile prefigurare probabili (o improbabili) scenari; adesso abbiamo tra le mani un disco capace di emozionare e inquietare… e ce lo godiamo fino in fondo. E' un disco che nulla aggiunge di nuovo, ma poco ci importa. Ci ripropone il passato con passione è una purezza ormai rara nelle produzioni progressive di oggi giorno. E, ripensandoci bene, è proprio questa purezza musicale ad avermi colpito e fatto apprezzare questa band!
Che altro aggiungere... Se fossi un regista horror non esiterei a scritturarli. Il problema, semmai, è che non sono un regista horror e forse oggigiorno in Italia non ci sono più gli Argento, Fulci, Bava di una volta, ma questa è un'altra storia...


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Francesco Inglima

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