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LATTE E MIELE Passio secundum Mattheum - The complete work Black Widow 2014 ITA

I genovesi Latte e Miele rientrano oggi tra i nomi storici della fortunata stagione prog italiana degli anni ’70, ammantata da un alone “aureo” talmente spesso che gli amanti e nostalgici del settore tendono a definire capolavori oggi inarrivabili anche album il cui valore sarebbe più che altro storico. L’esordio “Passio secundum Mattheum” esce nel 1972 ed ai giorni nostri viene ricordato come l’ennesimo lavoro immortale di un passato inarrivabile che fu. La cosa particolare è che si tratta di un’opera per lo più recitata, i cui testi sono ispirati alla Passione di Cristo secondo il Vangelo di Matteo, su delle musiche a loro volta ispirate da quelle di Bach, che all’estero viene ritenuta in genere come un vero e proprio masterpiece.
Il gruppo è nato nel 1971 dall’iniziativa dell’ex tenore lirico Arnaldo Lombardo (parzialmente spiegati quindi i rimandi classici) e di Alfio Vitanza. Si sarebbero poi inseriti Marcello Dellacasa ed Oliviero Lacagnina. I Latte e Miele, ad onor del vero, si erano guadagnati le attenzioni della critica e del pubblico aprendo i concerti di una band come i Van der Graaf Generator e partecipando ad importanti festival del periodo. E alla fine venne fuori questo concept in stile molto italiano, con rimandi letterari sempre complessi (emblema di una profonda cultura nel movimento artistico nazionale) ed allo stesso tempo testi che risentivano dell’ingenuo candore del periodo, quindi legati soprattutto a quel determinato momento storico. Ma se si vuole andare al di sopra delle parti, i liguri avrebbero fatto meglio con il seguente “Papillon” (1973), sempre sfruttando le basi neoclassiche a loro care, e soprattutto con “Aquile e scoiattoli” (1976), un album in cui regna una bella coesione di contenuti musicali e che segna dei fondamentali cambi di formazione, oltre al cambio di nome in “Latte Miele” (con l’esclusione quindi della congiunzione nel mezzo). L’etichetta Black Widow, anch’essa ligure, dà alle stampe il lavoro totalmente risuonato da Marcello Dellacasa, Oliviero Lacagnina, Alfio Vitanza e Massimo Gori, con l’aggiunta di altro materiale che all’epoca non era stato incluso nell’esordio, comunque perfettamente organico all’intera opera. Vengono chiamati narratori dai nomi eccellenti del prog italiano di ieri e di oggi, come Elisa Montaldo, Giordio D’Adamo, Aldo De Scalzi, Sophya Baccini, Lino Vairetti, Silvana Aliotta, Paolo Carelli, Alvaro Fella, ecc… L’opera, più che mai, va intesa nella sua interezza e non ha molto senso estrapolare dei singoli brani (ed in questa situazione non è una frase fatta che fa comodo tirar fuori all’occorrenza). La produzione è ottima, così come fanno bene il proprio lavoro il quartetto ad archi Gnu Quartet di Genova ed il Coro Polifonico Classe Mista della Spezia, diretto da Sergio Chierici. Il problema, semmai, è il contenuto. Al momento si leggono recensioni che definire entusiastiche è dir poco. E tutti ci auguriamo che siano dettate da una passione (è il caso di dirlo!) sincera per la musica dei Latte e Miele. Perché chi non ha apprezzato l’album di allora – in giro ce ne sono molti più di quanto si ammette ufficialmente, credeteci – non lo farà nemmeno adesso, nonostante l’ottimo lavoro in fase di produzione di cui sopra e la consueta bravura dei musicisti coinvolti. La Black Widow sta procedendo a riscoprire e a far nuovamente apprezzare nomi come Delirium, Gleemen e Nuova Idea; gruppi, cioè, che sfioravano lo status – soprattutto dopo che quel famoso passato iniziò ad essere ricordato nella sua interezza con nostalgia – in cui stavano comodamente PFM, Banco, Osanna e Balletto di Bronzo. Di certo, i promotori saranno al cento per cento convinti della bontà delle proprie operazioni e questo forse è il dato più positivo della vicenda.
A proposito di ciò, la riedizione è stata dedicata al defunto don Andrea Gallo, il noto prete genovese scomodo anche e soprattutto per una vocazione vissuta senza compromessi, con una coerenza volta all’essenza del messaggio cristiano tale da farlo definire come appartenente alla “università della strada”. L’unico titolo da lui veramente apprezzato.


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Michele Merenda

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