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NERONIA Limnotapes autoprod. 2014 GER

Con “Limnotapes” giungono al terzo capitolo della loro discografia i tedeschi Neronia, confermando fondamentalmente le impressioni che avevano già dato in passato. Ricordiamo che si tratta di una band nata dalle ceneri degli Ulysses (autori negli anni ’90 di una discreta prova in ambito new-prog), che ha debuttato nel 2004 con “Neurotica”, cui è seguito “Blue circles” quattro anni dopo. Nel 2014 arriva questo nuovo lavoro, opera della line-up formata da Falk Ullman (voce), Ruediger Zaczyk (chitarre), Michael Stein (tastiere), Lutz Beberweil (basso) e Dirk Hartel (batteria), che ci offre dieci tracce nuove di zecca per circa quarantotto minuti di musica. “Darkland intro” è una suggestiva introduzione basata su tastiere e chitarra elettrica d’atmosfera ed è facile pensare a certe sonorità care ai Pink Floyd. Ma già con la seconda traccia “Sleep my child” si cambia un po’ registro: timbri di tastiere decisamente più freddi e tecnologici, ritmi duri al punto giusto, melodie vocali ariose ed ecco che il sound vira verso sentieri cari agli Arena post “The visitor” e ai Saga. Diventa questo il leit-motiv del disco, fortemente omogeneo, solo di rado ancora più robusto ed in odore di Dream Theater (merito soprattutto del chitarrista che ogni tanto spinge su combinazioni che ricordano molto John Petrucci), ma evitando qualsiasi eccesso. Anche in quei pochi momenti che si possono discostare da quanto appena descritto, i musicisti sembrano pensare più che altro alla forma e non riescono a convincere del tutto, vedi la chitarra acustica che apre “Clouds of tears” e l’approccio in generale più melodico a questo brano o al successivo “Journey’s end”, vagamente à la Jadis. Insomma, in ogni caso è il “già sentito” che riaffiora costantemente durante l’ascolto di quest’album, con rari spunti in cui si potrebbe trovare qualche parola di lode. I minuti scorrono senza picchi, qualche bel solo di tastiere riesce a catturare l’attenzione, ma è difficile restare concentrati su una musica che non fa altro che confermare i tanti luoghi comuni di questo tipo di prog. Certo, c’è ancora chi apprezza le copie un po’ sbiadite di band quali Arena, Saga, IQ e Galahad e, di conseguenza, un gruppo come i Neronia, che fondamentalmente non fanno molto di più che svolgere un compitino non certo difficile; così, ci troviamo di fronte ad uno dei classici quintetti new-prog di poca personalità, che prova a fare qualcosa di leggermente diverso indurendo i suoni e che al massimo può raggiungere una striminzita sufficienza.


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Peppe Di Spirito

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NERONIA Nerotica 2003 
NERONIA Blue circles 2008 

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