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SOURDELINE Sourdeline & friends Reverb Worship 2014 FRA

Le ristampe curate nel 2001 dall’etichetta Guerssen dei due quasi introvabili album dei Sourdeline, “La Reine Blanche” (1976) e “Jeanne D’Aymée” (1978), hanno riacceso i riflettori sulla musica di questo gruppo, delizia del Prog Folk francese che, ad anni dalla sua scomparsa, continua ad esercitare il suo fascino sugli appassionati di questa fiorente scena. L’eco di questo ritorno di fiamma è stato tale che ha portato ad una parziale reunion del gruppo, sotto le cui insegne si ritrovano assieme, ancora una volta, Jean-Pierre Danielsen (chitarre, mandoloncello e voce), Chaterine Burban (voce, dulcimer, salterio) e Jean-Pierre Dallongeville (voce, ma presente solo su due tracce). A questo nucleo si sono accodati poi diversi amici che hanno contribuito ad arricchire il sound dei Sourdeline, riportandolo ai fasti di un tempo. Ecco quindi il violino di James Wolf, a sostituire quello di Pascale Piat con disegni altrettanto leggiadri e classicheggianti, le percussioni del figlio d’arte Dorian Danielsen e di Sebastien Gorvel, il contrabbasso di Michel Costandi, la voce, nella sola “Pierre De Grenoble”, del cantautore Eric Guilleton ma soprattutto quella incantevole di Margaret Ayre (che suona anche violoncello e chitarra) della band folk americana Fern Knight, dalle cui fila proviene anche il percussionista Jim Ayre. Lo stile del gruppo appare più o meno come una media dei due vecchi album, con tinte essenzialmente acustiche (semplicemente deliziosi i fitti ed eleganti arpeggi di chitarra e mandoloncello di Danielsen) ed un sound piacevolmente pulito e rinfrescato. Ritroviamo suggestioni antiche e tradizionali rielaborate con libertà, atmosfere vagamente psichedeliche, elementi sinfonici molto tenui e fra le onde morbide delle percussioni sembra anche di percepire qualche fragranza d’Oriente. Tuttavia l’elemento di novità è rappresentato da un affascinante retrogusto celtico che traspare essenzialmente nelle tracce interpretate da Margaret. In “Little Horses”, una malinconica ninnananna proposta in accoppiata con la francese “Dors Mon Petit”, interpretata dall’altrettanto incantevole Chaterine, la sua voce è sospirata, dolce ed oscura, e ricorda quasi, in questo contesto notturno, quella di Tirill. Altrettanto affascinante è la conclusiva “White Wolf”, accoppiata questa volta con “J’ai Vu Le Loup” (una versione di questo brano compariva già nell’album di esordio). Le impressioni di questo brano, almeno nella porzione in inglese, ricordano stranamente i primi White Willow. I rintocchi oscuri sul tamburo e gli arpeggi scintillanti accompagnano dapprima la voce di Margaret e a seguire quella di Chaterine, che non ha perso neanche un grammo dell’appeal di un tempo, contrappuntata da belle polifonie vocali. Polifonie altrettanto belle e complesse le ritroviamo in “Wake Lyke Dirge e in “En Nous en Allant Aux Champs”, ad essa legata, alle quali segue, sempre nel contesto della stessa traccia audio, un complesso brano strumentale, “Danse”, fatto di minuti intrecci e dominato da un violino barocco. Accanto ai brani nuovi ne vengono proposti altri due del repertorio passato: “Princesse de Rien”, dai ritmi flebili e soporiferi che ci cullano dolcemente, pallida come un miraggio, lieve come un alito di vento estivo ed enigmatica, tratta dall’esordio e “Au Roc d’Anglars”, da “Jeanne D’Aymée”, delicata e serpeggiante, con le percussioni tradizionali cadenzate, il tenue ronzio degli strumenti, stralci di musica antica che si fondono con vaghe e dolci idee di musica indiana. Ma in questo canzoniere fatato i brani che preferisco sono “Le Bouvier”, proveniente dalla tradizione occitana, che gode di un’interpretazione fresca, sospesa fra antico e moderno, bella e curata fin nei dettagli, ma soprattutto una splendida versione di “Pierre De Grenoble”, brano che gli appassionati ricorderanno certamente anche nel primissimo repertorio dei Malicorne. Il confronto con i più celebri connazionali viene quasi spontaneo, anche perché il gruppo dei fratelli Yacoub possiede un fascino molto simile a quello dei Sourdeline, ma la soluzione trovata per questo brano è decisamente originale e libera da ogni condizionamento. Il ritmo si trasforma in una specie di lugubre valzer, ecco quindi una chitarra slide ed i tamburi che proiettano sulla musica gli spettri lontani della guerra. Il violino, struggente, sfoggia una veste quasi gotica e l’atmosfera è intrisa di mistero. La voce solista è quella penetrante di Eric Guilleton, come anticipato e contribuisce col suo timbro particolare a rendere unico questo brano. Questo album, stampato per ora in due tirature di appena cento copie ciascuna dalla veste grafica molto umile, non è soltanto un piccolo gioiello prog folk ma un vero e proprio miracolo. E’ un miracolo scoprire, a distanza di così tanto tempo, come questa musica continui ad avere degli estimatori, merito senza dubbio del suo fascino intramontabile, dei misteri e delle leggende che porta con sé, dei suoi suoni senza tempo che rivivono ancora una volta in queste note. Amici dei Sourdeline, appassionati di prog folk, questo album sarà una delizia per le vostre orecchie: approfittatene.


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Jessica Attene

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SOURDELINE La reine blanche 1976 (Guerssen 2010) 

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