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FIABA Il cappello a tre punte Lizard 1996 ITA

La commistione tra folk e metal rappresenta indubbiamente un insolito ibrido capace di suscitare un grande fascino emotivo. Alludo per esempio - pur con le ovvie e talora profonde differenze, dovute alle varie tematiche popolari affrontate - ai prolifici inglesi Skyclad, agli svizzeri Xerxes, ai norvegesi Storm; in Italia abbiamo gli Eridania ma soprattutto questi geniali FIABA, all'opera seconda dopo l'eccellente debutto di "XII -L'Appiccato". Mentre gli Skyclad hanno via via rarefatto le loro galoppate metal, arrivando a produrre un album praticamente acustico come l'ultimo e migliore "Qui Avant-garde à chance", i FIABA sembrano essere curiosamente andati nella direzione opposta, indurendo (ma non poi di molto) il loro sound di base, che peraltro è subito identificabile.
Forse "Il cappello a tre punte" non può contare sull'elemento-sorpresa caratteristico del predecessore, tuttavia qui si persevera sulla linea più convincente del debutto, vale a dire quella de "I sogni di Marzia". Dunque le trame armoniche hanno un sapore antico, che definirei medieval-mediterraneo, ma sono eseguite con i nostri cattivi strumenti odierni; una parte fondamentale la riveste il giullare e menestrello Giuseppe Brancato, che declama storielle e filastrocche con propensione molto teatrale; decisiva è anche la frammentazione ritmica del batterista e compositore Bruno Rubino. Il disco consta di dieci pezzi abbastanza concisi: non cercate tastiere né sbrodolamenti romantici, ma apprezzate l'originalità del contrasto tra riffs cospicui, alla Metallica (!) di "Master of puppets" o "...And justice for all" (si ascoltino a tale proposito "La profezia" o "I cento stivali"), e vocalizzi da cantastorie. Non si rilevano, nel corso dell'ascolto, particolari innalzamenti o cadute di tono; è certo che questa uniformità potrebbe essere etichettata come monotona da parte dei detrattori. A mio giudizio, invece (e pur ammettendo, come detto, che "Il Cappello a tre punte" non stupisce quanto il disco d'esordio), l'estrema unitarietà e compattezza dimostra che i FIABA sono giunti ad una viva e peculiare caratterizzazione del proprio stile, e che il progetto appare lungamente meditato e per questo maturo: un plauso incondizionato, dunque, a questi ragazzi siracusani.

 

Francesco Fabbri

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