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UPHILL WORK Counterclockwise Soyuz Music 2008 RUS

Gli Uphill Work sono un gruppo di Mosca originatosi dai Rush Hour, un duo formato da Lev Gankine (tastiere) e Konstantin Benyumov (chitarre) che, dopo la realizzazione di un CDr, decidono di fare sul serio, aggiungendo un bassista e un batterista e rinominando il gruppo così originatosi. “Counterclockwise” è la prima release del gruppo e mostra la direzione musicale che verrà mantenuta anche nei lavori successivi. Si parla di una combinazione di Prog sinfonico, alternative rock e di un RIO un po’ stralunato alla Samla Mammas Manna. Le parti cantate sono a cura di Gankine, non proprio un’ugola d’oro che, con una voce acuta e graffiante e un cantato (in inglese) talvolta quasi parlato, ricorda da vicino alcuni gruppi tedeschi, in special modo i Versus X (come ha avuto modo di suggerirmi un amico), ma si pone stilisticamente anche nella scia di molti gruppi di alternative/indie rock russi.
Le canzoni, 9 in tutto, si sviluppano quasi tutte su un dinamico binomio batteria/tastiere sopra il quale si pone, come detto, il cantato; talvolta queste hanno un sapore più grezzo e quasi punk (possono venire in mente anche alcuni gruppi di Progg svedese anni ’70). Altre volte invece il brano ha sviluppi decisamente più Prog, con una maggior orchestrazione, anche se bisogna porci maggiore attenzione per via del solito cantato che si mantiene sulle stesse tonalità e caratteristiche. Non voglio far passare l’idea che l’album sia rovinato dal cantato, sia chiaro: in generale questo, pur non gradevolissimo, ha un suo senso e una sua certa musicalità. La chitarra quasi mai emerge da un mero compito di accompagnamento e i momenti in cui riesce a farsi notare si contano sulla punta di una mano. Anche la batteria non va molto al di là del compitino di segnare il tempo, a dire il vero, con poca fantasia messa a disposizione dell’ascoltatore.
L’alternanza di stili ci porta appunto ad ascoltare un brano frenetico e particolare come “Shine in Your Hands”, seguito poi da un bel brano Prog come “Never Gonna Lose”… fino al finale dell’album, occupato dallo strumentale “Lunch”, il brano più delicato e (quasi) soft del lotto. Il risultato finale, pur in presenza di un paio di episodi poco esaltanti, non è da disprezzare.



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Alberto Nucci

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