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ACQUA LIBERA Acqua libera autoprod. 2016 ITA

C’era una volta il Livello 7, band senese che, nei primi anni ’70, si guadagnò una buona notorietà, non solo a livello locale, suonando prima cover di Santana, Jethro Tull, VDGG e King Crimson e successivamente componendo musica propria, dando vita ad un jazz/rock di stampo canterburyano di ottimo livello. Purtroppo, dopo alcuni anni di live in giro per l’Italia, il gruppo si sciolse e nulla rimase di tangibile di quell’esperienza, se non un paio di cassette amatoriali registrate dal vivo, benché i musicisti abbiano continuato a sperimentare nuove esperienze musicali. Il tastierista Luigi Campoccia divenne un jazzista e turnista affermato, collaborando poi per molti anni con Giorgio Gaber, e il bassista Franco Caroni divenne docente di musica; entrambi furono tra i membri fondatori dell’Associazione Siena Jazz, entità ancora viva e dall’importanza via via cresciuta nel tempo fino ad acquisire una dimensione internazionale.
In tempi recenti Caroni viene convinto da Fabio Bizzarri, chitarrista anche lui di lungo corso, reduce dall’esperienza coi Vicolo Margana, a ridar vita ad alcune vecchie composizioni del Livello 7 e dei Juice Quartet (effimera band, e parziale reunion del Livello 7, di alcuni anni prima). Al nuovo progetto si aggrega il batterista Marco Tosi, anch’esso nei Vicolo Margana, e Gionatan Caradonna, tastierista e fondatore dei Profusion. Nell’aprile 2013 nascono quindi gli Acqua Libera, sorta di supergruppo senese che, tre anni dopo, darà alle stampe questo suo primo CD.
Il dischetto contiene 8 tracce strumentali che prendono quindi ispirazione da un repertorio fusion, come detto, ma lo rielaborano secondo le sensibilità artistiche dei musicisti e lo reinterpretano in chiave più attuale e decisamente più rock, pur non stravolgendone troppo lo spirito originale. Solo due comunque sono i brani ripresi dal Livello 7 e uno dai Juice Quartet (purtroppo non ho la possibilità di poter fare un confronto con gli originali); le altre composizioni sono nuove, composte per l’occasione dai quattro musicisti o dal solo Caroni, ancorché tutte sono arrangiate (o ri-arrangiate) dall’ensemble al completo. E’ innegabile tuttavia percepire differenti connotati tra i due primi brani dell’album (“Tempi Moderni” e “Nautilus”, entrambi opera del gruppo al completo), composizioni caratterizzate da un andamento più rock e qualche distorsione di chitarra, con “Alla Luce della Luna” (originariamente intitolata “Undiciottavi”), primo dei brani recuperati che andiamo ad incontrare, decisamente contraddistinta da un diverso mood, più soffuso, più marcatamente fusion; decisamente il nuovo titolo si attaglia benissimo al nuovo titolo scelto, bisogna dire.
“Mr. Lou” è il brano ripreso dai Juice Quartet ed ha un andamento più brillante, con begli intrecci tra i vari strumenti, in cui le atmosfere crepuscolari del brano vengono ravvivate da una chitarra vivace e impertinente. “Marcina” è un brano a firma di Caroni e si sente; il basso detta sonnacchiosamente la melodia e su di essa ricamano gli altri strumenti, in modo discreto oppure prendendo decisamente il sopravvento. “Sans Tambour ni Musique” è lo strano titolo della composizione seguente, creazione del gruppo intero, e ritornano i toni più aggressivi, quasi Prog-Metal a momenti (ma sono attimi…), inframmezzati da spunti del solito basso borbottante che ogni tanto sembra tornare a fare ordine e a riportare nei ranghi gli altri.
“Quo Vadis”, altro pezzo di Caroni, ha aspetto sfavillante e vivace, così come la conclusiva “Prog Mood”, l’altro brano del Livello 7 (originalmente intitolato “Seiottavi”), in cui è possibile ascoltare finalmente una prova più sopra le righe di Caradonna, il quale si limita a ruoli poco protagonistici nel corso di questi 8 brani, anche se non certo da comprimario.
I 50 e passa minuti di quest’album trascorrono piacevolmente, bisogna dire; i brani sono ricchi di spunti interessanti e i quattro musicisti si ritagliano i propri rispettivi momenti da protagonista, senza sopraffare mai gli altri, dato che quasi mai si fa ricorso ad assoli virtuosistici; è innegabile comunque che Caroni si sia ritagliato un ruolo un po’ in evidenza e che il suo basso non abbia di certo un ruolo meramente ritmico. Non si può parlare di un album prettamente fusion; come ho avuto modo di dire, specialmente la dinamica chitarra di Bizzarri ci porta spesso su territori rock più energici o addirittura funky. In definitiva si tratta di un dischetto ben realizzato e divertente.


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Alberto Nucci

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