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CELESTE Celeste with Celestial Symphony Orchestra Mellow Records 2022 ITA

Col senno di poi verrebbe da dire che era un passo quasi doveroso. La proposta dei Celeste si è sempre caratterizzata per toni morbidi, un’eleganza fuori dal comune, i ritmi compassati, le atmosfere fiabesche e sognanti, un sound mai sopra le righe e dal fascino immediato. E quanto ci starebbe bene un accompagnamento orchestrale? La risposta ce la dà questo nuovo album. Ciro Perrino, dopo i fasti degli anni ’70, sta vivendo un nuovo momento di fervida ispirazione e dalla rinascita dei Celeste propone il terzo disco in studio nel giro di appena quattro anni. Dopo “Il risveglio del principe” e “Il principe del regno perduto”, è il turno di “Celeste with Celestial Symphony Orchestra”. Sì, stavolta al fianco del gruppo base troviamo pianoforte acustico, archi, oboe, corni, clarinetti, fagotto e trombone. Ci troviamo di fronte tredici composizioni nuove di zecca ed una proposta che non si fa più magniloquente, ma ancora più raffinata. Avanza come sempre romantica, tra soavi melodie, docili arpeggi e i suoni sempre carichi di calore di mellotron, organo Hammond e Mini Moog. “Blu genzana” apre il disco nel migliore dei modi, con una riuscita miscela di timbri elettrici e acustici e presentando il più classico sound a cui la band ci ha abituati, con il rigore degli archi che ha un certo peso. Seguono una serie di brani che mantengono la stessa lunghezza d’onda, con questo evidente spirito classicheggiante sempre in evidenza, ma senza disdegnare un approccio persino cinematico in qualche occasione. Talvolta le soluzioni adottate possono anche far venire alla mente quel gioiello firmato da Anthony Phillips e Harry Williamson e intitolato “Tarka”. Non mancano accenni folk qua e là e leggerissime e sporadiche deviazioni jazzistiche. Tre i brani strumentali, l’articolata “Cascate di cristallo”, forse il top dell’album, “Maurice” e la conclusiva “Ametista ed opale” e sembrano quelli in cui maggiormente si avverte il connubio tra prog e classica; tutti gli altri sono cantati con riuscita alternanza tra voce femminile e maschile. Gli arrangiamenti sono ben studiati per far convivere al meglio gruppo rock e orchestra. Non si avverte mai una predominanza dell’uno o dell’altra. Così, giusto per fare qualche esempio, capita che il mellotron sia accompagnato dagli archi, o che a temi di Minin Moog e flauto seguano parti per clarinetto e fagotto, o che note provenienti da chitarra, pianoforte e fiati si intreccino in maniera magistrale. In settanta minuti Perrino e soci accarezzano e cullano e anche stavolta non puntano a spettacolarizzare il prog, ma scelgono sonorità che vanno diritte verso l’anima e verso il cuore. A parte la presenza dell’orchestra, quindi, nessuna sorpresa, una nuova conferma ad alto livello e la solita classe che esce anche accresciuta. Direi che c’è tutto ciò che serve per fare pienamente contenti tutti coloro che da sempre amano la musica dei Celeste.



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Peppe Di Spirito

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