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ANDREA ORLANDO La scienza delle stagioni autoprod. 2023 ITA

A sette anni di distanza dall’apprezzato esordio solista con “Dalla vita autentica”, ritroviamo Andrea Orlando con il suo nuovo cd, “La scienza delle stagioni”. In questo lungo lasso di tempo il nostro non è rimasto inoperoso, suonando live con La Maschera Di Cera, con i Finisterre e con i Real Dream (cover band dei Genesis), oltre a partecipare al recente lavoro dei Malombra. Come per l’album di debutto, Orlando, in quest’ultima fatica, è autore di musiche e testi, suona la batteria e tastiere varie, accompagnato da fidati amici musicisti, tra i quali spiccano Stefano Marelli (chitarre), Agostino Macor e Boris Valle (rispettivamente Moog e pianoforte), oltre a Luca Scherani (piano), tutti compagni d’avventura di Andrea nei Finisterre, nella Maschera Di Cera e nella Coscienza Di Zeno.
Sette brani, tra i quali due strumentali, compongono l’album che, pur non essendo un concept vero e proprio, ha comunque un filo conduttore ben definito e cioè “le stagioni della vita” affrontate, nelle liriche, da un punto di vista femminile ed è, anche per questo, che la voce che ci accompagna lungo tutto l’album è quella di una donna: Meghi Moschino, dei Quanah Parker.
Un lavoro che coinvolge a poco a poco, da gustare con la dovuta calma ed attenzione per poterne cogliere le numerose sfumature. Gli undici minuti di “Ancora luce” aprono il cd con il pianoforte, il basso e la batteria a dettare il tema, piuttosto malinconico. Il cantato aggraziato della Moschino aggiunge il doveroso pathos al brano che si contraddistingue pure per un paio di notevoli interventi del Moog di Macor e dei synth di Orlando, il quale, paradossalmente, “si limita”, per buona parte del brano, ad un semplice accompagnamento con la batteria. Ancora il piano elettrico a definire l’inizio di “Tracce”, mentre basso e batteria forniscono un discreto supporto ritmico. Un breve intervento del corno ingleso (Valeria Trofa) e poi inizia il cantato della Moschino. Anche questa composizione è intrisa di costante malinconia ed il sound, lungi da un debordante sinfonismo, sembra quasi voler sposare certi dettami jazz- rock molto raffinati, in cui si inseriscono con profitto le due sobrie chitarre di Stefano Marelli e Laura Marsano. Leggermente più “sinfonica” “Il sogno di Anastasia parte I” con una bella introduzione ritmata (anche se permane l’impressione che Orlando abbia voluto ancora semplificare le sue parti di batteria), una sezione di chitarra acustica (Marelli) ed il cantato di Meghi a chiudere il cerchio.
Notevole lo strumentale “City 40” che, anche grazie al violino di Marco Mascia, pare “quasi” (il quasi è d’obbligo) festoso con un bel crescendo ritmico. “Stagione lontana” (ospiti Boris Valle al piano e Fabio Zuffanti al basso) è un altro gioiellino introspettivo in cui ancora una volta si staglia, protagonista, la bella voce della cantante. Il mellotron funge da costante tappeto sonoro, mentre la chitarra di Laura Marsano ci regala un paio di coinvolgenti assoli.
Il secondo pezzo strumentale è “Il sogno di Anastasia parte II” che si mantiene su sfumature color pastello, grazie al pianoforte dell’autore, per un paio di minuti. La ritmica si fa poi vivace e lascia spazio agli interventi dell’elettrica di Marelli e di Pierenzo Alessandria, con il mellotron sempre in sottofondo.
Il lavoro si conclude con la lunga (oltre quindici minuti) “La strada del ritorno”. La lunga introduzione è dominata dal sinuoso incedere del piano, degli archi e del corno, su cui si posa, intorno al quarto minuto, la delicata voce della Moschino. Il sound si mantiene rarefatto ancora per qualche istante, finché sale l’intensità con tappeti di synth e ottimi fraseggi di chitarra, mentre la batteria “sembra limitarsi” a tenere il tempo… Ritornano le atmosfere delicate con la voce unica protagonista e poi, una deliziosa parte finale, sempre ammantata di mestizia, con chitarra, mellotron ed archi che ricamano romantiche melodie che sfumano nel finale.
Come si sarà capito, “La scienza delle stagioni” è un buon, a tratti ottimo, album: intimista, dalle atmosfere rarefatte e splendidamente suonato. L’unico appunto che mi sento di fare è (anche) una piccola bizzarria: le parti di batteria (lo strumento principale di Andrea Orlando, non scordiamocelo) sono un po’ troppo semplificate e talvolta, addirittura, “fuori contesto” rispetto alle necessità del brano. Rispetto ovviamente le scelte dell’artista, ma mi aspettavo un suono più rotondo ed articolato del suo strumento, soprattutto nella suite finale. Si tratta, in ogni caso, di una delle migliori uscite italiane, in ambito progressive, del 2023 appena trascorso.



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Valentino Butti

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