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AJALON On the threshold of eternity Threshing Floor Records 2005 USA

Gli Ajalon, nome di ispirazione biblica, sono il gruppo del polistrumentista Randy George, meglio conosciuto per essere il bassista di Neal Morse che, neanche a farlo apposta, compare, assieme a Rick Wakeman, fra gli ospiti di questo album. Proprio per l'etichetta di quest'ultimo, il gruppo realizzò, nel 1996, il proprio esordio discografico intitolato "Light at the End of the Tunnel". Come il più famoso Morse, il terzetto di Seattle (completato da Wil Henderson alla voce e al basso e da Dan Lile alla batteria) è votato anima e cuore al Progressive Rock Cristiano. La religione è la principale fonte di ispirazione per la stesura dei testi che appaiono come dei sinceri inni al Signore. Citazioni bibliche e sentimenti di ottimismo e fratellanza traboccano dalle dieci tracce di questo CD e, alla stessa maniera, la musica ha un feeling positivo, gioioso ed in un certo senso spirituale. A Neal Morse il gruppo deve molto: le somiglianze sono chiare e si traducono in un album dalla stesura lineare e semplificata rispetto a quella che ci propina l'ex Spock's Beard. La profonda presenza di facili melodie ci fa pensare decisamente ai Toto ed in un contesto del genere la scelta di inserire qua e là tastiere barocche dal sound imponente (proprio alla Wakeman) senza dubbio stona un bel po'. Alcune tracce stupiscono per un certo alone celtico, sottolineato dall'uso del bodhran. La traccia di apertura, il breve strumentale "Anthem od the Seventh Day", è proprio una di quelle che trasmette questo feeling, grazie anche a intermezzi meditativi, guidati da un flauto caratteristico. Già la successiva "Promised Land" ci fa scoprire il mood fondamentale che conduce l'album: quella spensieratezza gioiosa espressa con suoni soft e profondamente melodici, parti con chitarra acustica in evidenza, linee di tastiera essenziali ma incisive, una costruzione dei brani dominata da ritornelli cantabili, un po' in stile parrocchiale, se vogliamo. Nel complesso l'album non riserva grosse sorprese, anzi, alla lunga si dimostra monotono e un po' fiacco. Non serve a risollevare il valore globale dell'opera la suite di 16 minuti "On the Threshold of Eternity", anch'essa priva di grosse variazioni. In fin dei conti abbiamo un lavoro piuttosto scontato che cattura l'attenzione di un ipotetico pubblico quasi unicamente per la collaborazione con artisti noti.

 

Jessica Attene

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