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IL CASTELLO DI ATLANTE Quintessenza Electromantic 2004 ITA

Come suggerisce il titolo, siamo alla quinta fatica in studio del Castello e... niente è cambiato: la musica del gruppo vercellese è una garanzia per chi ama il Prog sinfonico classico dalle tematiche favolistiche e pompose. L'unico particolare che, album dopo album, ci fa rendere conto che il tempo passa è il continuo miglioramento della registrazione e degli arrangiamenti, a fronte di idee e contenuti ormai standardizzati e marchiati col logo del Castello di Atlante; "Quintessenza" francamente non offre spunti per descrivere ulteriormente il gruppo, se già lo si conosce. Si può giusto parlare della qualità intrinseca delle canzoni proposte questa volta, a partire dalla traccia 2… beh, forse non il migliore esempio, dato che anch'essa è nota a tutti coloro che hanno acquistato il progetto (su 3 CD) "Kalevala", cui il Castello per l'appunto ha contribuito con la traccia qui riproposta. Allora partiamo con l'inizio, con quella che forse è la migliore canzone del lotto, ovvero "Non puoi fingere", che inizia con una lunga parte strumentale. Come al solito le parti strumentali sono ancora il punto forte del gruppo; non che il cantato sia brutto, ma ha spesso un sapore kitsch, sia per le tonalità che per le liriche stesse, in aumento quando la voce solista cede il passo ai cori. Dicevamo della traccia iniziale che, dopo il lungo intro strumentale, sembra quasi fermarsi al momento dell'entrata del cantato, cambiando proprio atmosfere e tramutandosi in un brano dal lirismo accentuato che riacquista ritmo in vicinanza del finale, in cui viene ripetuto il tema iniziale. L'altro brano di forza del CD è "Questo destino", un po' inferiore a quello testè descritto ma con delle parti strumentali bellissime. "Il tempo a venire" dura poco più di 3 minuti ed è meritevole di una nota minore, caratterizzato com'è da un cantato appena sussurrato sulle note di una chitarra acustica, prima di un finale pomposissimo. "Cavalcando tra le nuvole" è un intermezzo non breve (pur sempre 7 minuti) ma che serve un po' a spezzare la tensione, posto com'è nel bel mezzo del CD, con le sue ritmiche quasi giocose (mi ricorda certe cose di Mike Oldfield... forse anche per il suono della chitarra). La seconda parte de "Il tempo a venire" dura poco più di un minuto e chiude l'album; un album che, come detto all'inizio non aggiunge nulla di diverso a quanto già detto in precedenza sul Castello. A me pare appena un gradino inferiore al precedente lavoro ma, ad ogni modo, è una questione di centesimi...

 

Alberto Nucci

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