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ELECTRIC ORANGE Fleischwerk autoprod. 2005 (Sulatron Records 2008) GER

Dopo una prima uscita nel 2005, in limitata tiratura vinilica, arriva la versione in cd di “Fleischwerk” dei tedeschi Electric Orange, corredata di trantacinque minuti di materiale aggiuntivo. Nel trinomio Kraut-Psych-Space si condensa il progetto di questa formazione tedesca, attiva fin dal 1992, che, partendo dal potente suono dell'organo di Richard Wright in “Ummagumma”, si pone sulla scia delle audaci evoluzioni spaziali degli Hawkwind per convergere nelle solide sonorità teutoniche di tanti anni fa, con i Can e gli Ash Ra Tempel modelli insuperati, per limitarmi a due soli nomi. Queste componenti potrebbero rappresentare, a grandissime linee, l’universo sonoro a cui si ispirano gli Electric Orange. E a dire la verità, così come il più recente “Morbus”, anche “Fleischwerk” si rivela espressione pura e coerente del quadro di riferimento appena descritto. Basterebbe ascoltare “Koodu” per ricavare un campione significativo di un insieme di sonorità ben conosciute, in cui si alternano momenti ipnotici e altri nevrotici, contrassegnati da ritmi martellanti, con l’organo sempre in posizione dominante. Oppure “Sonnenbart”, brano senza struttura, che evoca presagi cupi e angosciosi. Ma il brano più sperimentale è, senza ombra di dubbio, “Schrasng”, un tema indecifrabile al limite del rumorismo più spinto. Per contro, “Gewachs” rappresenta un episodio appena più convenzionale, se non altro per quel basso lineare che sembra tirare dritto per la sua strada, senza preoccuparsi del caos prodotto dagli altri strumenti. E per una volta accade che le Bonus Track arricchiscano significativamente il contenuto dell'album originale, con la siderale “Sakral” e “Fleischzusats”, lungo brano finale che rappresenta, a mio parere, l'apice e al tempo stesso un congruo punto di sintesi dei temi trattati in questo lavoro. In definitiva, “Fleischwerk” mi sembra un prodotto interessante, consigliabile sopratutto a chi predilige le implicazioni psichedeliche e spaziali del Krautrock, che si conferma sottogenere vivo, assolutamente statico ma in buona salute.

 

Antonio Mossa

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