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ER. J. ORCHESTRA The unicorn live Caravan Records 2009 UKR

Difficile mantenersi equilibrati quando ci si trova di fronte ad un gruppo di tale caratura e ad un album di tale splendore. Questo doppio cd dal vivo dell’ucraina Er. J. Orchestra si rivela fin dal primo ascolto una perla di valore elevatissimo e ci permette di parlare nuovamente di quest’ensemble che merita la massima attenzione per la musica di straordinaria qualità che riesce ad offrire. La registrazione immortala un concerto tenuto a Kiev il 23 aprile del 2004 e sul palco erano presenti ben undici musicisti di questa formazione aperta, più quattro ospiti, una coppia di “ethnic voalists” e l’orchestra da camera The Elfian Scale, composta da undici elementi. Inevitabilmente viene fuori un sound ricchissimo e pieno di sfumature, tra rimandi alla tradizione dell’Est Europa, al jazz, al rock progressivo, alla classica, ecc. La scaletta prevede dapprima l’esecuzione di due brani tratti dall’esordio “Gabrielius” e poi l’intera riproposizione dell’ultimo disco in studio “The unicorn”.
I suoni etnici che ci introducono l’opener “Syringa” sono solo il preludio di quella che sarà un’ora e mezza di grandissima musica, che parte, con questo brano, su coordinate fusion che rimandano al miglior Pat Metheny Group, con ottimi interscambi tra piano, violino e chitarra, per poi andarsi a concludere con ritmi curiosi e percussioni di ogni tipo. A seguire troviamo “The bamboo forest temple”, aperta da sapori d’oriente con le note di sitar, che fungono da prologo per un jazz-rock festoso, guidato prima dal flauto, poi dal pianoforte, poi da un infuocato guitar-solo, per poi ritornare su territori etnici, con percussioni, violino e batteria in bella evidenza. A questo punto si entra nel vivo dell’esibizione con i ventiquattro minuti e mezzo di “The unicorn”: entra in scena l’orchestra da camera ad accompagnare il gruppo e da adesso in avanti la commistione tra jazz, prog, classica ed etnica è perfetta. La lunghissima composizione, suddivisa in cinque parti, si apre con un bel tema vagamente Morriconiano, flicorno in primo piano, andamento in crescendo e prime interazioni tra gruppo e orchestra. Pian piano si passa da un andamento classicheggiante a fraseggi jazzistici, ma la contaminazione di generi sembra qui trovare il suo vertice, specie nei duetti tra piano e violino e nei ritmi gioiosi su cui imperversano i fiati. E si prosegue così, con le caratteristiche appena descritte unite a continue variazioni ritmiche e ad altre incursioni nella fusion Metheniana.
Tiriamo il fiato per un attimo… Riponiamo il primo cd nella custodia ed inseriamo il secondo nel lettore… Ed è subito magia! “Where do the angels go?” si apre con un’introduzione violinistica da favola ed una melodia semplicemente meravigliosa ripresa poi dal piano, ben coadiuvato da tromba e flicorno. Dopo cinque minuti entra in gioco l’orchestra ed aumenta l’atmosfera malinconica e la sensazione che questo brano sarebbe perfetta colonna sonora di un qualsiasi kolossal. Nove minuti e mezzo emozionanti ed eccezionali! Quasi a stemperare i toni giunge “Eljazo”, dall’andamento più scanzonato ed allegro (a tratti è ravvisabile persino una sorta di musica moderna dalla verve Zappiana), in cui i musicisti si muovono in scioltezza, pur non mancando qualche frangente più “serio”. A concludere il lavoro troviamo “Adular’s wandering”, quattordici minuti di equilibrismi sonori in cui risplende di nuovo il fantasioso lavoro di contaminazione dei musicisti, con l’orchestra sempre in ballo e l’ampia gamma di strumenti utilizzati a incrociarsi di continuo e pronti anche a lanciarsi in momenti solistici da brividi.
Etno-jazz, prog, fusion, sinfo-jazz… La musica di questa band è stata definita in ogni modo, ma qui le definizioni non contano, perché siamo al cospetto di un album fantastico, che non ha un attimo di stanca nonostante l’elevato minutaggio di tutte le composizioni, consigliatissimo ad ogni amante della buona musica e che conferma la grandezza della Er. J. Orchestra. Giudizio finale: non è abitudine di Arlequins distribuire voti, ma stavolta mi sento di dire che se ci fossero numeretti, stelline, palline o quant’altro, “The unicorn live” meriterebbe sicuramente il massimo.


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Peppe Di Spirito

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