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EQUILIBRIO VITAL |
Retorno |
Musea |
2011 |
VEN |
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Come recita il titolo, questo album rappresenta un ritorno, quello di una band storica del Venezuela, nata alla fine degli anni Settanta, e purtroppo segnata da una carriera non fortunatissima, soprattutto a causa della morte del chitarrista e cantante Marcos Chacón che aveva portato, nel 2001, al suo scioglimento. Due soli sono gli album ufficiali pubblicati: quello omonimo del 1983 e “Kazmor el prisionero” del 1984, entrambi ristampati non molto tempo fa su CD, ai quali si aggiunge una terza opera “Calor humano” del 1986 pubblicata solo su cassetta mentre un quarto album fu registrato nel 1990 ma trovò diffusione solo attraverso alcuni programmi radiofonici. Della formazione storica rimangono a questo punto soltanto Guillermo Alberto González (chitarra acustica ed elettrica, flauto, maracas, sax soprano) e Arnoldo Serga (basso) ai quali si aggiungono, in questa nuova incarnazione, Cesar Jaime (chitarra acustica e mandolino), Jorge Luis Ayala (batteria) ed Endgork Moroldo alle tastiere. Fa piacere constatare che la band ha conservato la spontaneità e la ruvidità del passato, con venature hard rock abbastanza pronunciate, anche se il sound ha acquisito una maggiore sinfonicità, grazie ad un rigoglioso apporto tastieristico e all’eleganza del flauto. Molto belle sono in particolare le onnipresenti parti di chitarra acustica che contribuiscono a rendere la musica calda ed ariosa, creando in brani come “Danzas Ancestrales I” e “Danzas Ancestrales II” dei graziosi idilli. Quasi del tutto scomparse sono invece le parti vocali che si limitano ad un solo brano, “El visitante”, dedicato alla memoria di Marcos Chacón e interpretato da Guillermo González che canta e suona la chitarra acustica. Le coordinate stilistiche sono rappresentate dai Camel, soprattutto per quel che riguarda i temi melodici disegnati dal Moog, dal prog sinfonico nostrano, PFM in primis, e ovviamente dal vecchio repertorio del gruppo, anche se il materiale nuovo appare comunque più articolato e sofisticato rispetto ai primordi. Belle tonalità di colore sono fornite da qualche tocco di folklore sudamericano che viene sapientemente diluito in un insieme sonoro variegato e piacevole, con impasti che in alcuni momenti potrebbero persino ricordare i Flor De Loto. Molto bella in questo senso è la composizione “Punto luminoso”, brano inedito ripescato dal canzoniere di Marcos Chacón e reinterpretato in maniera brillante dalla nuova formazione. Apprezzo molto il disegno delle melodie e la musica è sempre piacevole mentre il punto un po’ dolente è rappresentato dalla parte ritmica, sempre abbastanza schematica ed affidata in qualche episodio alla drum machine. Anche il lavoro di produzione (la qualità sonora in particolare mi ricorda un po’ quella dei vecchi demo-tape) si presenta non del tutto soddisfacente: se da una parte posso apprezzare la sua spontaneità, dall’altra non posso fare a meno di pensare che gli stessi spartiti avrebbero potuto rendere molto meglio con qualche accorgimento in più. Oltre alle nove canzoni che compongono questo album è da segnalare la presenza di una bonus track rappresentata dal brano “Impressions of India” di Jukka Tolonen, già edito nel tributo al Prog finlandese “Tuonen Tytär II”. In sostanza questo album, ruvido e sincero e al tempo stesso ingentilito da trovate preziose ed eleganti, può essere un ascolto interessante per gli amanti del prog sinfonico, nonostante le pecche dovute soprattutto alla sua artigianalità
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Jessica Attene
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