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ELOY The vision, the sword and the pyre - part 1 Artist Station Records 2017 GER

Dopo averle dedicato un brano nell’album “Destination” (1992) ed un altro in “The tides return forever” (1994), Frank Bornemann sembra proprio aver coronato il suo sogno: un concept album dedicato a Giovanna D’Arco, l’eroina di Domrémy dal titolo “The vision, the sword and the pyre part 1”. La line-up degli Eloy 2017 è la stessa di “Visionary”, uscito nel 2010, (con la sola eccezione del batterista Kristof Hinz che sostituisce Bodo Schopf) e quindi annovera tra le sue fila, oltre al leader-maximo Frank Bornemann (chitarra e voce), i tastieristi Michael Gerlach (nel gruppo dalla fine degli anni ’80) e Hannes Folberth (che tra un addio ed un ritorno collabora con Frank dai tempi di “Colours” 1980) ed il bassista Klaus Peter Matziol (con il gruppo da “Dawn” 1976, anche se con qualche pausa a cavallo degli anni ‘80/’90).
“The vision…” è un progetto ambizioso che ha lontane origini, come detto, e che vede ora finalmente tutti i tasselli al loro posto, con un cospicuo numero di “guests” che collaborano all’album. Come è naturale per una band che si avvicina alla 50° candelina, non possiamo immaginarci innovazioni in un sound ovviamente più che consolidato e non crediamo neppure che il fan lo chieda o lo pretenda. Ecco, dunque, tredici brani in pieno Eloy-style: la riconoscibilissima chitarra di Bornemann (ed il suo cantato in inglese dal forte accento teutonico…), le atmosfere ariose e “space” delle tastiere, i cori eterei e le notevoli melodie che caratterizzano la quasi totalità dei pezzi. A differenza degli ultimi due lavori in studio (che comunque datano sette e diciannove anni fa!!), il suono sembra più compatto e meno sfavillante, azzarderemmo più “maturo” (non si trattasse di un gruppo che la maturità l’ha raggiunta negli anni ’70) ed il risultato finale risulta godibilissimo. Non mancano ovviamente le eccezioni come nell’ottima “The call”, con la chitarra sferzante di Frank, le brillanti tastiere del duo Gerlach/Folberth, il cantato-recitato di Alice Merton (Giovanna) a creare una atmosfera sospesa prima dell’esplosione strumentale finale. Immancabili i riferimenti floydiani che non di rado hanno contraddistinto la produzione del gruppo e qui ben esemplificata da “The sword” che riprende in alcune parti le linee melodiche principali di “Company of angels” presente nell’ottimo “The tides return forever” (1994) e nella successiva, più “spacey”, “Orléans”.
“The vision, the sword and the pyre” è un album dignitosissimo ed anche ispirato, lontano, ma non poteva essere altrimenti, dai capolavori come “Dawn”, “Ocean” o “Silent cries and mighty echoes”, ma che ci riconsegna una band che ha ancora qualcosa da offrire. Non disperiamo di vederli dal vivo, magari alle nostre latitudini (Veruno??? Magari!!) nell’attesa della seconda parte dell’album che parrebbe in calendario per il 2018.



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Valentino Butti

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