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FLUXURY Lunar escape velocity autoprod. 2001 NL

Copertina, titolo e intro del disco traggono un po' in inganno circa gli ambiti tematici sviluppati dagli olandesi Fluxury. Parrebbe infatti di trovarsi di fronte a un progetto di musica cosmica, elettronica o new age, ed invece il gruppo privilegia un curioso prog tenue e sofisticato al tempo stesso, debitore il giusto verso certe suggestioni leggere dei Paesi Bassi. Ciò tuttavia non implica l'agitarsi nel commerciale più bieco o sfacciato, dunque la proposta mantiene sempre una sua dignità. Queste, perlomeno, sono le intenzioni a monte che provo ad intuire; purtroppo la loro estrinsecazione pratica risulta deboluccia e presta il fianco a diverse critiche. Il problema maggiore riguarda le parti vocali: nettamente scarse quelle maschili nella loro incertezza ed assenza di incisività, appena passabili quelle femminili. La cosa si sopporterebbe se il disco fosse in prevalenza strumentale, ma disgraziatamente è proprio la partitura vocale ad avere un ruolo importante (per la serie facciamoci del male), come conferma il suo missaggio in avanti. Le buone intuizioni ci sarebbero pure, e alcuni garbati e piacevoli acquerelli paiono rifarsi al Canterbury rimodellato dagli Utopian Fields, però il songwriting non raggiunge mai vette stratosferiche, anche perché la frammentarietà delle tracks (ben 22, molte delle quali durano appena 1-2 minuti...) inibisce strutture particolarmente ardite. Una maggiore vivacità si riscontra in "Lookup (tutti)", con accentuate dissonanze secondo moduli gentlegiantiani,e dove fa capolino una chitarra un po' più ardita; non disprezzabile anche la presenza sinfonica di "Snakecharmer setback", l'atmosfera di "All I see", la buona volontà di "Anonymous insomniac", la varietà di "In silence we trust". Tutto il resto - ed è tanto, visto che il CD dura oltre 70 minuti - annega nell'abbozzato e nell'incompiuto, vedi talune sonorità sintetico-sperimentali che appaiono goffe ed avulse dal resto. Alcune idee, in futuro, potrebbero essere meglio sviluppate, ma urgono interpreti diversi da quelli attuali (specie alla voce), e una maggiore maturità tecnica e compositiva.

 

Francesco Fabbri

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