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FLOR DE LOTO Medusa - En vivo en Buenos Aires (DVD+CD) Azafràn Media 2015 PER

Gagliardi, i peruviani Flor de Loto! Dopo cinque album in studio, più una raccolta in cui vengono risuonati con la nuova formazione alcuni brani dei primi tre lavori, giunge il momento del fatidico live ufficiale da consegnare ai fans. Esattamente come accaduto con l’ultimo “Nuevo mesías”, la pubblicazione prevede CD e DVD. Supporto video che contiene l’intero concerto presente anche sul dischetto audio (a proposito, nell’edizione promozionale – peraltro sigillata – di cd ce n’erano addirittura due, identici…), oltre a dei videoclip e a brani suonati in altri concerti.
Inquadrature spartane ma comunque sufficienti, con una resa audio più che accettabile, con cui è possibile percepire il forte affiatamento tra i componenti del gruppo durante il concerto, tenuto al Sala Alcatraz della capitale argentina nel novembre 2014. Al centro della scena primeggia sempre il primo chitarrista e cantante Alonso Herrera, assieme all’altro cofondatore storico, il bassista Alejandro Jarrín. La squadra è la medesima dell’ultima fatica in studio, dando maggiormente spazio agli ultimi due lavori. Aprendo con “La Fortaleza” dal terzo “Mundos bizzarros” (2009), il concerto si avvia proprio con “Nuevo mesía”, che assieme a “Espejo de Alma”, “En Otro Lugar” e “Hipnotízame” si rifà a quella che possibilmente è l’attitudine più “progressiva” degli Iron Maiden, heavy metal band per eccellenza che però non ha mai nascosto le proprie influenze musicali, ampliando molto i contenuti delle composizioni. Di certo, Jarrín suona il basso – facendo le dovute proporzioni! – più come Billy Sheehan che come Steve Harris, impegnato costantemente in tapping e diavolerie varie. Purtroppo non è stato estrapolato nulla dal primo magico album omonimo del 2005, in cui le composizioni strumentali erano più aperte alle influenze sia etniche che psichedeliche, meno vincolate a quello che oramai sembra un prog-metal tendente con decisione al heavy metal classico.
Beh, al momento la proposta appare comunque coinvolgente e facendosi forte del sangue latino più caldo (sì, esistono anche latini “a sangue freddo”…) spingono chi ascolta alle danze più sfrenate, divenendo così sempre più invisi agli algidi stitici mentali (e anche fisici!) che aborriscono qualsiasi impulso epidermico nell’ascolto musicale. Dal secondo “Madre tierra” (2007) viene riproposta proprio la strumentale “Medusa” – ottima davvero – e “Desapereciendo”, cantata per buona parte dall’argentina Agustina González, che per il resto rimane sempre in secondo piano e difficilmente la si sente nei cori durante il concerto (questione di mixaggio o voluto di proposito?). C’è però da riflettere sul fatto che le voci di questi sudamericani, per quanto siano musicali, denotano una timbrica molto dura soprattutto negli acuti, come se non si riuscisse a modularne le frequenze. A parte ciò, occorre citare Junior Pacora, noto jazzista in patria, come il vero mattatore della serata. Impegnato col flauto traverso in assoli davvero intensi, si divide anche tra il flauto di Pan, un altro tipo di flauto in legno chiamato quena e poi anche il charango, piccolo strumento a dieci corde di origine boliviana molto simile all’ukulele. Pacora è colui che dà materialmente colore alla musica del gruppo, divenendo così quell’elemento prezioso che fu anche – seppur in un altro contesto – John Egan “Champignon” negli Ozric Tentacles. Tra i numerosi esempi sparsi in questo live, c’è da ascoltare “Mosoj Pacha (Nuevo Mundo)” o la stessa title-track. Gli altri musicisti fanno tutti il loro onesto lavoro, sempre funzionale all’economia della band, come qualche assolo del secondo chitarrista Ignacio Flórez o quello di sintetizzatore (inedito) del tastierista Daniel López Gutiérrez nella conclusiva “Hasta El Final” da “Imperio de cristal” (2011), pezzo che si rifà molto a certe fasi dei finlandesi Stratovarius di “Save Our Souls”. Bravo pure Álvaro Escobar, sempre preciso, anche se il suono della sua batteria non è certo dei migliori…
Prova live superata a pieni voti, dunque. Come già detto però in occasione dell’ultimo album in studio, sarà bene che i nostri comincino ad apportare nuove soluzioni, perché alla lunga la proposta può stancare. Quanto di buono fatto con i primi album sembra purtroppo appartenere al passato e quindi difficilmente si tornerà indietro. Si spera però che sia sempre buona musica, capace di rinnovarsi con una bella dose di spontaneità.



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Michele Merenda

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