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GARDEN WALL Forget the colours Mellow 2002 ITA

Estremo. Teso, disperato. Garden Wall è definitivamente un progetto che non ricerca facili e comode scorciatoie per compiacere l'ascoltatore, ma al contrario intende prenderne a calci le proprie labili certezze, fino a violentarne l'inconscio. Il quinto disco del combo friulano prosegue speditamente nel solco evolutivo tracciato dal precedente "Chimica", offrendoci un sound cupo e taglientissimo dominato dalle chitarre distorte, ideale complemento della carismatica voce del leader Alessandro Seravalle. L'inizio rumoristico-industriale di "Lead" è già chiarificatore della dimensione claustrofobica in cui verremo precipitati; ad esso segue un furioso e dissonante attacco frontale, col supporto di una ritmica parossistica. Il cantato di Seravalle, una sorta di Peter Hammill ancor più teatrale e stravolto, si integra alla perfezione nello schizoide songwriting, che spesso prevede passaggi placati e addirittura lirici, per poi ripartire con una rabbia ancora maggiore. E' possibile conciliare thrash metal e avanguardia contemporanea? Ascoltate il delirio racchiuso negli oltre 9 minuti di questa track, dopodiché ne sarete convinti. Un violino simil-tzigano dona a "Hatred" inusitate sfaccettature etniche, mentre un largo sofferto e suggestivo è stroncato dal consueto ripieno castigante. Notevoli gli incastri ritmici di "Anniversary", forse il mio pezzo preferito in virtù di un crescendo degno dei King Crimson e soprattutto di un passaggio centrale epico e dark al tempo stesso, grazie all'organo in sottofondo Nella durissima "Bisturi" un break per pianoforte sa farsi apprezzare, e lo stesso vale per "Deinococcus radiodurans", dove poi si rilevano vocalizzi quasi alla Stratos. Più brevi ma non prive di interesse "Obsession" e "Christmas Eve": nella prima trova spazio un'apertura cosmico/psych, nella seconda, più classicamente power metal, un azzeccato violino mediorientale. Le chitarre acustiche di "Negation of becoming", su una base à la Gentle Giant, lasciano poi al posto ad un tenebroso connubio fra basso e pianoforte, e a un assolo di chitarra quasi jazzy: senz'altro uno dei momenti migliori del disco. Chiude "Dreams' Slayer", sapiente conferma dell'iper-espressionismo firmato Garden Wall. Sotto la scorza dell'intransigenza, emergono Zeuhl music, Rock in Opposition e molto altro ancora in questo ottimo lavoro i cui 70 minuti forse alcuni preferiranno prendere a piccole dosi: dal canto mio ribadisco l'ammirazione per l'intelligenza e la creatività del gruppo. E allora dimenticate i colori, la realtà è un'eminenza nera che non fa sconti a nessuno.

 

Francesco Fabbri

Collegamenti ad altre recensioni

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