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Un po' in ritardo vi diamo notizia di questo lavoro dei Galahad.
Ma prima un po' di storia, perché secondo me, le alterne vicende della band hanno molto influenzato la loro "fortuna" in ambito musicale. Infatti subito dopo il discreto successo di “Nothing is written”, i Galahad piombarono in una sorta di stasi temporanea in attesa di produrre un cd (“Sleepers”) con un vero produttore facendo le cose con tutti i crismi. Ma poi il tempo passava e l’esaltazione per il gruppo scemava tra i fan. Nel contempo loro tentavano di mantenere alto l’interesse dei progster, ma quasi inutilmente: il gap di 4 anni rimase là come un macigno. “Sleepers” non era male, ma non certamente all’altezza delle aspettative. Tutto questo ha influenzato la recente storia dei Galahad che potevano essere uno dei gruppi di punta della rinascita del prog inglese, e che invece spesso vengono poco considerati.
Attenzione però: questo “Year Zero” è sicuramente un gran bel cd. Una spanna sopra “Sleepers” e due sopra “Following Ghosts”. Una suite lunga 56 minuti e rotti che ci conduce nei meandri di differenti stili musicali, tenendoci per mano, facendo in modo che nel marasma generale nessuno si perda. La facilità con cui la band passa da un genere ad un altro e la forte liricità dei singoli brani, ci ricorda certe belle cose degli esordi, e ci sorprende ogni singolo istante della suite. Le tracce sono corte, lunghe, medie… ma chi se frega, è l’insieme che ci colpisce. La prima volta che ho ascoltato il cd, mi continuavo a ripetere “Bello questo Year Zero”, “Proprio bello…” (vero Jessica?) e mi rimbambivo sempre più interessato agli intricati passaggi di alcuni pezzi.
Sia ben chiaro, non è un capolavoro, ma di questi tempi è difficile trovare un cd così ben suonato, ben registrato e composto. Accattatevillo.
Ah! Dimenticavo: John Wetton è tra gli ospiti. Interessa? Forse no, ma dovevo dirlo.
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