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Le bands italiane, francesi, tedesche o di alter parti del mondo spesso riescono a produrre musica di qualità assoluta, sovente superiore a quella di alcuni gruppi inglesi. Ciononostante l'avvento di una nuova entità musicale proveniente dalle isole britanniche ha sempre un significato particolare, specialmente quando avviene in contemporanea con altre analoghe, per un risveglio generale del movimento prog inglese. Stiamo parlando pur sempre di underground, ma teniamo conto che due anni fa il mercato offriva solo i Full Moon, mentre adesso, al risveglio di vecchi e nuovi dinosauri, fanno da contorno tante piccole bands, tra le quali i Galahad rappresentano la più promettente, al momento.
A due anni di distanza da "In a moment of madness", ecco il loro primo lavoro ufficiale. Lo stile non è cambiato di molto, ma si nota sicuramente un certo avvicinamento a suoni tipici della corrente new-prog, tanto che adesso i Galahad sono stabilmente nel circuito dei concerti progressive (hanno suonato con ARK, Geoff Mann, Pendragon; suoneranno coi Final Conflict). Le influenze di Rush e Marillion ci sono, e si sentono: ascoltate "Motherland", con un finale in cui le tastiere ricamano finemente le aggressioni di chitarra e batteria; oppure "Legacy", in cui le similitudini col gruppo di Geddy Lee si fanno più che accennate. Stupenda, a mio avviso, "Chamber of horrors", dalle musiche tipicamente prog e dai testi che attaccano l'ambiente politico britannico. Altri pezzi forti sono rappresentati da "Room 801" e la conclusiva "Richelieu's prayer", dall'avvio soffuso e delicato che si trasforma ben presto, con vari breaks di ritmo, in un inno alla pace, intesa non solo dalle guerre, ma nella vita di tutti i giorni.
Questi Galahad fanno parlare molto di sé, e questo è già un successo, avendo spaccato coloro che li hanno ascoltati in due correnti d'opinione: chi li considera nulla più che una mediocre band e chi, pur riconoscendo che non sono granché innovativi, li apprezza come valida continuazione della stirpe progressiva in Gran Bretagna. Di sicuro c'è che se i Galahad si sono rifatti a IQ e Marillion, tra 10 anni ben difficilmente ci saranno bands che si rifaranno ai Galahad. Personalmente penso che la loro musica rappresenti una volontà di fare prog strizzando l'occhio anche ad un pubblico più ampio di quello interessato al genere, senza tuttavia eccessivi compromessi (nel CD solo "The automaton" ha sonorità particolarmente commerciali).
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