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HADDAD Ars longa vita brevis Rock Symphony/Musea 2004 BRA

Decimo anno di attività e sesto album in studio per la band dei fratelli Haddad. So che molti di voi penseranno ai Nice, alla vista del noto titolo, ma non vi lasciate fuorviare: la musica dei brasiliani in questione non può essere più lontana dalle sperimentazioni baroccheggianti del gruppo di Keith Emerson. Non solo ci troviamo di fronte a canzoni dalla struttura piuttosto elementare ma oserei dire che il prototipo di questa musica è quello che potreste ascoltare in uno di quei piano bar in cui si esibiscono gli one-man-band con le pianole. Le canzoni dei fratelli Haddad sono basate sulla melodia in uno stile che si muove a metà strada fra il new prog e l’AOR, con delicate incursioni sinfoniche ed un ruolo fondamentale giocato dalle tastiere. Purtroppo l’interpretazione dei brani è piuttosto schematica e la scelta dei suoni propende verso soluzioni non troppo eleganti e d’effetto. Anche dove i pezzi si rivelano più complessi e meglio strutturati, la timbrica degli strumenti rende piuttosto scadente il risultato finale. Apprezzabile la scelta di introdurre assoli di sassofono che rendono più variegato un sound che altrimenti sarebbe fin troppo povero. Tra i brevi pezzi del lotto si distacca la traccia di chiusura che supera gli otto minuti: i ritmi sono rilassati e le melodie morbide ed ampie. Peccato per la scelta del registro delle tastiere che ricorda più che altro le pianole che suonano i ragazzini alle scuole medie. Anche il suono della batteria sembra un po’ artificiale e dà quasi l’idea di una drum machine. Concludendo si può affermare che l’album risulta nel complesso mediocre; anche se esistono pezzi che si elevano al di sopra della media, questi comunque sono fiaccati da scelte sonore non brillanti e da un’esecuzione un po’ troppo scolastica.

 

Jessica Attene

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