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Se esiste un gruppo che negli ultimi tempi ha fatto notevoli progressi è proprio quello dei partenopei Malaavia. Poco meno di due anni fa recensivo la versione demo di "Danze d'incenso" evidenziandone aspetti positivi e punti deboli, e quello che adesso mi trovo davanti è un progetto completamente rinnovato, che sembra aver fatto tesoro dei rilievi mossi da me e da altri critici. Dunque la band, con umiltà e grande consapevolezza, ha saputo reinventare la propria parabola artistica senza snaturarne l'essenza: cosa non facile, ma alla luce dei risultati ne valeva sicuramente la pena.
L'etno-prog di Pas Scarpato e soci è ora un florilegio di preziosi arrangiamenti, soprattutto a livello del pianoforte, dell'organo e delle programmazioni di Oderigi Lusi, che si integrano a meraviglia con le molteplici chitarre suonate dal leader Scarpato. S'è poi instaurato un positivo clima da gruppo aperto che ha permesso di coinvolgere prestigiosi personaggi quali Lino Vairetti e Giovanni Mauriello, le cui band di provenienza - Osanna e Nuova Compagnia di Canto Popolare - certo rappresentano dei punti di riferimento per i Malaavia. Il concept, suddiviso in tre Sequenze, si apre alla grande con l'immaginifico "Preludio di luna piena", forgiato su un duello piano-Hammond in stile seventies... da brividi! "Abraham, where is the land?" ci tuffa poi in quelle contaminazioni fra Mediterraneo e Medioriente che sono da sempre una peculiarità della band: il tutto, servito in salsa jazz-prog, talora ricorda i Napoli Centrale. Un potenziale hit-single è invece "Sahara-Marrakesh", maiuscola estrinsecazione di contagiosa allegria dominata dall'incantevole voce di Solimena Casoria, mentre "Kyrie eleison" si può apparentare col Battiato dei primi anni ‘80, vista la commistione fra sacro e profano che vi viene operata. La Sequenza Seconda inizia con un'altra canzone dalla classe cristallina, ossia la suggestiva "Ombre", prima delle meraviglie di "Gnòti Sautòn": davvero perfetto l'arrangiamento orchestrale; da rilevare pure l'accoppiata vincente "Cuori d'elettricità" e "Hominem quaero", che alterna delicatezze flautistiche a poderose schitarrate. La Sequenza Terza gioca la carta di un maggiore minutaggio e forse per questo non ha la forza dirompente delle prime due, nondimeno racchiude momenti significativi, vedi l'ottima elaborazione romantica e sinfonica di "Vivi nascosto", con un testo che polemizza giustamente con un certo pensiero comune contemporaneo. Proseguendo, troviamo la sospesa eleganza della title-track, cui tiene dietro "Mezzalunafertile", che punta il dito contro il fondamentalismo islamico (fomentato, non dimentichiamolo, dalle armi fornite dal capitalismo occidentale), mentre la "Canzone di Giuseppe" è spiritualmente affine allo Juri Camisasca mistico. Dopo tanti nomi citati, forse sembrerà un paradosso che Malaavia conservi una sua piena e originale dignità espressiva, ma così è: ascoltare per credere.
Un lavoro eccellente, al top della mia personale playlist di questo primo trimestre 2004.
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