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MOON SAFARI Blomljud Blomljud Records 2008 SVE

Di solito sono molto critico sull’ambiente che gravita intorno al rock progressive: troppo autoreferenziale, troppo chiuso a riccio e soprattutto troppo con la puzza sotto il naso. Prendiamo questi Moon Safari per esempio: troppo spesso tacciati (e non dico che sia così) di fare cose troppo semplici, troppo melense, con troppi richiami a gruppi più famosi e con melodie troppo adatte ad un pubblico “normale”. Fa in ogni modo sorridere che gli stessi che magari sono così critici verso questo tipo di gruppi (e ce ne sono sia di gruppi sia di critici..), li vedi fare la fila per andare a vedere i Musical Box in nome dei bei vecchi tempi…
I Moon Safari, qui alla loro seconda prova ufficiale, non fanno niente per nascondere le proprie influenze: Yes, Queen, i conterranei Flower Kings, in certi punti anche gli olandesi Kayak fino ad arrivare a Crosby, Still & Nash e Beach Boys per l’uso delle voci.Un bel minestrone musicale di cose già sentite, di coretti che per qualcuno possono risultare molto stucchevoli ma che rimangono in testa tanto tempo, di giri armonici che se fossero usciti dalla mente di un Roine Stolt qualunque, avrebbero almeno un fan club dietro che li ricorderebbe (con tutto il rispetto e la simpatia per i fan club).
Questo “Blomljud” è uno di quei dischi che ricadono nella categoria degli splendidamente inutili, con tante idee rubate al passato ma che i gruppi del passato oggi non sono capaci di ricreare in questa maniera e con la stessa bellezza. Aggiungiamo anche che è difficile trovare un gruppo dove tutti, oltre che suonare più che dignitosamente i propri strumenti (con una menzione particolare per Petter Sandström alla chitarra che mi ha piacevolmente colpito), cantano e cantano alla grande. In un mondo dove il 70 per cento di chi fa rock progressive considera le parti vocali in un gruppo un aspetto da tenere in minore considerazione rispetto ai fiumi di tastiere e agli assoli di chitarra, non è cosa che capita tutti i giorni.
Qualcuno storcerà il naso per un brano come“Bluebells” che è troppo commerciale e che a tratti ricorda troppo i Beatles di “Strowberry Field forever”, altri per la troppo yessiana “Yasgur’s farm”, nonostante tutte le pecche che l’ascoltatore più attento impegnandosi può trovare, difficilmente si può rimanere indifferenti (sia i neofiti sia chi è più avvezzo a certe sonorità) di fronte alla mezz’ora di un brano come “Other half of the sky” dove, come in ogni suite che si rispetti, troviamo tutto quello che sono e che possono essere in futuro i Moon Safari.
“Blumljud” è un disco che ha comunque il difetto di essere troppo lungo e che se fosse stato su cd singolo (limando qualche passaggio troppo ridondante) ci avrebbe solo guadagnato
Chissà se il progster del 2000 perdonerà ai Moon Safari di aver fatto un disco carino, che si ascolta bene, che può piacere anche a tua sorella e soprattutto che non si cimenta in nessuna cover, ma tributa i propri maestri cercando di fare qualcosa di personale, anche se pieno di riferimenti… staremo a vedere.
Di certo per essere un’autoproduzione questo disco è fatto veramente ma veramente bene.


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Antonio Piacentini

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