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Sotto l’enigmatica (ma non troppo…) sigla Mr Gil, si nasconde il progetto personale di Mirek Gil, chitarrista e compositore polacco che negli anni abbiamo avuto il piacere di apprezzare nelle file dei Collage, e nelle filiazioni di questi: Satellite e Believe. Quest’ultimo gruppo è probabilmente l’odierna valvola di sfogo delle sue ambizioni progressive rock, poiché la musica altrimenti prodotta come Mr Gil è attualmente una delicata e intimistica proposta basata sulle calde tonalità vocali di Karol Wróblewski e sugli intrecci cameristici delle corde dello stesso Mirek, della violoncellista Paulina Druch e del pianista Konrad Wantrych. I più attenti si saranno accorti che la lineup ricalca in modo quasi perfetto quella dei Believe, privati della sezione ritmica, di cui i Mr Gil in questa incarnazione possono quasi essere considerati la versione unplugged. Pur trattandosi tecnicamente del quarto album pubblicato sotto l’egida di Mr Gil, l’esordio “Alone” del 1998 consisteva nel primo parto solistico di un chitarrista appena fuoriuscito da un gruppo stimato come i Collage, e di questi riproponeva in parte le sonorità, grazie anche agli ospiti provenienti dagli stessi ranghi. La band di oggi, al contrario, dopo l’episodio interlocutorio di “Skellig” (2010, con testi in lingua polacca) e la messa a fuoco della direzione musicale con “Light and Sound” (2011), è pienamente dedita ad esternare le attitudini più melodiche di Gil in veste acustica, puntando sull’atmosfera, su melodie vocali sussurrate e sulla semplicità degli intrecci, finendo per evocare soprattutto i gruppi del new acoustic movement (Turin Brakes, Kings of Convenience, etc.). La chitarra acustica del leader non domina la scena, al contrario, è generalmente in ruolo di supporto e divide generosamente gli spazi con gli altri strumenti, al punto che in brani come “Our shoes” sono il piano e il violoncello a dare sostegno alla voce di Karol, probabilmente la vera protagonista di questi nove brani. Fa piacere notare quanto il giovane vocalist sia maturato dall’esordio con i Believe di soli tre anni orsono: è probabilmente proprio una proposta del genere ad essere a lui congeniale, ancor più delle prodezze vocali legate a brani propriamente rock. In alcuni frangenti, come nella romantica “In your heart”, si notano somiglianze con lo stile “confessionale” adottato da Philip Selway (il batterista dei Radiohead) nella sua recente prova solistica “Familial”. Personalmente trovo deliziosa la fuga su cui si basa “Find me”, in cui il violoncello della Druch rincorre gli arpeggi del clavicembalo e gli armonici della chitarra, subito doppiato dal pianoforte di Wantrych, su cui si adagiano i versi malinconici recitati da Wróblewski. I rimandi ai vecchi Collage - per quanto remoti e quasi… subliminali - non mancano, come nelle cullanti linee vocali di “Fix my arms” che rimandano ai frangenti più soft di album come “Safe”. Se vogliamo cercare un difetto a questo disco, è proprio l’uniformità dei brani: mai ci si discosta da ritmi lenti e sonorità soffuse e metà dell’opera inevitabilmente l’attenzione finisce per calare un po’, pur senza mai mettere in discussione la gradevolezza del tutto. In conclusione, il quarto album dei Mr Gil, pur esprimendosi sottovoce, è l’opera più ambiziosa realizzata da Mirek sotto questa sigla, le stesse liriche paiono seguire un filo conduttore basato su una storia di amicizie e di ritorni; può essere un ottimo punto d’inizio per scoprire il lato più cantautoriale di un compositore normalmente apprezzato per la sua tecnica (mai sfoggiata gratuitamente) e che per una volta mette in secondo piano il suo strumento lasciando “parlare” i suoi altrettanto talentuosi compagni e privilegiando le armonie sui solismi.
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