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MOON SAFARI The Gettysburg address Blomljud Records 2012 SVE

Girando per forum, social network e parlando direttamente con appassionati, ogni tanto esce fuori la diatriba (molto stupida) tra amanti del rock sinfonico e amanti delle avanguardie (magari dell’ultima ora). Diatriba che a volte viene alimentata da giudizi troppo benevoli su dischi di rock sinfonico, che di tutta questa benevolenza proprio non avrebbero bisogno, e da giudizi troppo esaltanti su dischi di avanguardie musicali che impressionano chi non è abituato a determinate sonorità. E, in diatribe del genere, vengono a volte tirati dentro gruppi che hanno poco da spartire con le piccole beghe del nostro ambiente musicale, gruppi che fanno della professionalità il loro punto di forza e che vanno oltre i discorsi ghettizzanti del sottogenere di appartenenza.
Nella loro piccola carriera i Moon Safari hanno fatto dischi belli e piacevoli da un punto di vista artistico e impeccabili da quello tecnico, due aspetti che difficilmente oggi si trovano contemporaneamente nello stesso gruppo. Due aspetti che, in un sottogenere oramai inflazionato e che ha detto tutto, sono fondamentali per attirare l’attenzione su una proposta musicale diversa da quella fatta da vecchie glorie del passato musicale o cover band (ossia un buon ottanta per cento del panorama rock sinfonico che c’è in giro attualmente nel mondo prog). Per questo, nel momento in cui ci si trova davanti a formazioni (giovani) di questo tipo, l’appassionato avrebbe il dovere di difenderle nei confronti di quelle che, a parte tanta buona volontà, hanno poco. Il discorso che oggi va tanto di moda in politica dell’”uno vale uno” non può valere in campo musicale... un gruppo bravo NON può valere un gruppo meno bravo e dischi di questo tipo stanno a dimostrarlo.
L’esibizione live del gruppo svedese, registrata al Rosfest nel 2011, è una gioia per le orecchie. Un affiatamento di questo genere, esecuzioni vocali e strumentali così precise e melodie così accattivanti difficilmente li troverete in giro. Qualcuno potrebbe obiettare che ci troviamo di fronte ad un prodotto “leggero”, un prodotto che potrebbe piacere (e piace) anche a chi non è un accanito sostenitore del rock progressive, un prodotto che fa dell’essere solare dal primo all’ultimo secondo di questa doppia registrazione la sua vera e propria peculiarità. Un’ora e mezza di musica dove tutti i successi della (breve) storia del gruppo svedese vengono eseguiti in maniera perfetta e, se non fosse per gli applausi del pubblico e le chiacchiere tra un brano e l’altro, sembrerebbe di trovarci di fronte a un “best of” fatto in studio. L’affiatamento del gruppo è totale (non solo negli intrecci vocali) e il “suonare a memoria” dal vivo riesce a migliorare, per fare un esempio, la resa finale di un brano da oltre trenta minuti come “The half side of sky” (che in studio risultava al sottoscritto troppo stucchevole e che qui al contrario ha tutto per essere ricordato come uno dei migliori brani creati negli ultimi anni). Anche brani per me bellissimi come “Yagur’s farm” e “A kid called panic” qui sono valorizzati nella maniera migliore da poter piacere a tutti gli appassionati (anche a quelli che odiano i coretti).
Si può discutere se mischiare nel 2012 Queen, Yes, Beach Boys e Beatles sia veramente necessario e originale, di certo negli ultimi venticinque anni, di gruppi rock progressive emergenti bravi ce ne sono stati tanti, gruppi che hanno fatto un disco dal vivo di un valore tale da essere accostato a quello dei mostri sacri anni Settanta, molto pochi. Forse al momento solo i Moon Safari.



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Antonio Piacentini

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