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MELTING CLOCK |
Destinazioni |
Black Widow Records |
2019 |
ITA |
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Nuovo nome interessante che si affaccia nel panorama del prog italiano con un disco d’esordio che merita attenzione. I Melting Clock si formano a Genova nel 2001, quando i musicisti si conoscono nell’ambiente universitario, ma ci sono voluti diciannove anni ed una serie di avvicendamenti in formazione per approdare alla pubblicazione di un cd, che è stato intitolato “Destinazioni”. Si tratta sostanzialmente di un concept che ha al centro il “viaggio”, nei molteplici significati che ad esso possono essere accomunati. Fin dalle prime battute dell’opener “Caleidoscopio” si capisce l’indirizzo stilistico di questo lavoro, strettamente connesso con il più classico rock progressivo italiano degli anni ’70, tra chitarre agili e a volte un po’ dure, tastiere sinfoniche, ritmi variabili ed un tocco melodico favorito anche dall’elegante voce di Emanuela Verdana. Siamo su sentieri battuti dal Museo Rosenbach, dalla Locanda delle Fate, dalla PFM, dai Goblin, o, in tempi più recenti, dal Tempio delle Clessidre, aggiungendoci un’indole new-prog sulla scia di Marillion e IQ. Insomma, una manna dal cielo per chi ama le strutture e i suoni del rock sinfonico, filone che può avere tutti i limiti riguardanti l’originalità, ma che ancora mostra un forte ascendente sugli appassionati. Ci sono brani che hanno un feeling più immediato (“Banalmente” e “L’occhio dello sciacallo”), quello che si presenta come ballata semiacustica e malinconica (“Strade affollate”), lo strumentale intrigante e d’atmosfera con vocalizzi ad effetto (“Quello che rimane…”). Ma per lo più le composizioni sono ad ampio respiro (“Vetro”, “Antares”, “Sono luce”), con tutte le peculiarità del progressive di matrice sinfonico/romantica, quindi cambi di tempo e di atmosfera, impasti tra timbri acustici ed elettrici, interazioni strumentali agili e intriganti ed una menzione speciale va per la conclusiva title-track, che si dipana in un labirintico percorso di un quarto d’ora molto attraente e che rappresenta senza dubbio la punta di diamante del cd. Questa suite suddivisa in tre parti inizia con una certa aggressività, ma già dopo un minuto i toni si stemperano e gli arpeggi di chitarra ci fanno fare un tuffo indietro nel tempo. Si susseguono passaggi cantati con enfasi (a tratti anche con una apprezzabile teatralità), i soliti sbalzi d’umore, riff piacevolissimi, interscambi strumentali e spunti solistici che mostrano le capacità dei musicisti. La buona registrazione che dona limpidezza agli strumenti e alla voce è un ulteriore punto in più per questo lodevole album; il prog “classico” in esso contenuto coglie nel segno con calore, è riuscito ed ha un discreto fascino grazie ad una serie di brani davvero ben costruiti.
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Peppe Di Spirito
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