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MUFFX |
Confini |
Black Widow Records |
2020 |
ITA |
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Tornano dopo tre anni i salentini Muffx, come sempre capitanati dal chitarrista e cantante Luigi Bruno, figura carismatica anche dei Mediterranean Psychedelic Orkestra, fondatore sia del Collettivo SBAM (un’Associazione artistica di Galatone, nel leccese) che della Ill Sun Record, oltre ad essere l’ideatore della Sagra del Diavolo, una festa estiva di eventi artistici (e quindi anche musicali) proprio nell’ambito della provincia di Lecce. Accompagnato anche stavolta da Alberto Ria (batteria), Mauro Tre (farfisa, synth, tastiere) e Ilario Suppressa (basso), Luca continua a guidare la band verso una costante evoluzione del proprio sound, oramai sempre più intrecciato con i risvolti storico-letterari che stanno alla base di ciascun concept. Si è giunti al quinto album – senza contare l’ancora inedito “Nocturno” – e stando a quanto si può leggere sul web (perché le note di copertina nel promo risultano totalmente assenti) questo è il secondo capitolo della cosiddetta “Trilogia delle Lame”, cominciata col precedente “L’ora di tutti”, lavoro strumentale liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Maria Corti, ambientato durante l'invasione Turca nel 1480 a Otranto e pubblicato per Bompiani nel 1962. Già in quel frangente si stavano lasciando le sonorità più pesanti del passato, portando avanti il respiro maggiormente rilassato e psichedelico di questo nuovo capitolo, in cui viene messo in musica quanto accaduto tra Galatone e Fulcignano all’alba del XIV secolo: due comunità che si scontrano violentemente per divergenze politiche, culturali e religiose (a quanto pare, una professava il rito cristiano latino e l’altra quello greco), giungendo all’annientamento totale di Fulcignano, i cui resti sono ancora presenti per testimoniare l’efferatezza degli avvenimenti. Quest’ultima uscita risulta per buona parte essere stata registrata dal vivo il 21 agosto 2020 nell’atrio del Palazzo Belmonte Pignatelli di Galatone (Lecce), in collaborazione con l’amministrazione comunale e con il sostegno di Puglia Sounds Record 2020/2021 della Regione Puglia (FSC 2014/2020 - Patto per la Puglia - Investiamo nel vostro futuro). Le timbriche suonano così maggiormente vintage e le relative imperfezioni servono a connotare la musica proposta. Di sicuro, i quasi diciotto minuti di “Ritual” mettono subito in chiaro la strada intrapresa, molto più introspettiva, mostrando una composizione che scorre fluida nonostante l’alto minutaggio. Un quieto inizio sinfonico che poi si assesta su andamenti di matrice seventies, a cominciare da un hard-prog che si va contaminando con spunti jazzati italici e che a tratti tocca anche i Caravan, facendo riecheggiare il Canterbury sound più immediato ed orecchiabile. I primi otto minuti volano quindi via molto velocemente, prima di arrivare ad una fase di transizione più inquietante; è il preludio ad una cavalcata in cui il rituale raggiunge la sua intensità mistica, prima che lo spirito si innalzi con le soluzioni psichedeliche delle sei corde, sorrette dai suoni liturgici delle tastiere, le quali poi proseguono su schemi quasi Floydiani, prima di concludere con l’andamento da prog italico mediterraneo. Quello che dovrebbe essere il primo lato del vinile viene concluso da “L’istante prima”, in cui i nostri tornano al cantato dopo parecchio tempo. Si tratta di una ballata, scelta come singolo dell’album e accompagnata dal video diretto da Gaetano Mangia e Luca De Paolis. La versione in studio – comunque riproposta alla fine dell’album – era stata scritta e registrata con il produttore Piepaolo “Lu Pier” Cazzolla, prima della sua prematura scomparsa. Fin dal titolo, il pezzo si mostra aperto a più interpretazioni. Fulcignano era un avamposto normanno, caratterizzato per i suoi scambi commerciali e per il suo ostello frequentato dai viandanti; l’ipotetico secondo lato del disco viene aperto proprio con queste suggestive immagini. “Carovane” fa un salto indietro nel tempo, proiettando grazie alle sue sonorità in quei lunghi tragitti che partivano dal Medioriente, toccavano il Meridione italiano e quindi giungevano nell’Africa settentrionale, per poi fare il viaggio in direzione opposta. Un’atmosfera favorita da ciaramella e nay, antichi strumenti a fiato suonati da Claudio “Cavallo” Giagnotti (Mascarimirì) e dalle percussioni esotiche dell’altro ospite Gianluca De Mitri. Ambientazione che continua con “L’ubriaco venuto dall’Est”, sempre insistendo sulla tematica degli scambi che portavano i mercanti – in questo caso quelli di bestiame – nel succitato abitato salentino, qui impostata su interessanti tempi dispari; peccato che la traccia risulti breve e non sviluppata come sarebbe stato lecito aspettarsi. La parte live si conclude con “Scelgo te”, in cui un abitante di Fulcignano è costretto a scegliere di sottomettersi ai vincitori, adeguandosi ai loro usi e costumi pur di sopravvivere, tentando di conservare interiormente la propria identità. Pezzo anche stavolta evocativo, grazie anche ad alcune reminiscenze sabbathiane, peccato però che sia cantato in maniera non esattamente impeccabile. Si chiude quindi con due brani in studio, a cominciare da “Mater Flebilis”, dove le note della chitarra echeggiano assieme a quelle del basso, ancora una volta in stile Sabba Nero, a cui si associano i sintetizzatori malefici, tipo quelli che si sentivano negli sceneggiati italiani. Un ritmo che diventa poi ossessivo ed implacabile, facendo rivivere l’orrore tramandato dai racconti popolari, dove una principessa vide il barbaro omicidio del proprio neonato, punizione per non essersi voluta arrendere agli invasori durante l’assedio. Ovviamente, la tradizione orale ha poi tramandato a sua volta le maledizioni e gli incantesimi scagliati dalla madre distrutta. L’ultimo brano è quindi la versione più essenziale de “L’istante prima”, come già detto poco sopra. Un buon ritorno, questo della band salentina, con cui si conferma ancora una volta la verve di Bruno e compagni. Si è comunque parlato troppo frettolosamente di capolavoro e di opera epocale, il cui valore non poteva nemmeno essere calcolato. Sembrano francamente delle esagerazioni, anche perché quest’ultima uscita non riesce a portare avanti durante la sua durata i medesimi contenuti che si erano ravvisati col brano iniziale. Come già avvenuto in precedenza, i Muffx denotano una grande capacità di sintesi, dando però l’impressione di operare uno stringato riassunto di quanto in realtà sarebbero stati in grado di fare. Chissà se è realmente così (magari per questioni di tempo materiale) oppure le idee non sono effettivamente sviluppate come dovrebbero per una questione di limiti oggettivi. Resta il fatto che ancora una volta la loro musica si ascolta piacevolmente e progredisce man mano che gli anni vanno avanti. L’illustrazione della copertina è stata disegnata durante il concerto da Massimo Pasca, ispirato dalle sensazioni musicali del momento. La grafica è a cura di Alessandro Colazzo.
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Michele Merenda
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