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NUOVA ERA Return to the castle AMS Records 2016 ITA

“Dove eravamo rimasti?” E’ proprio il caso di dirlo perché l’ultimo album di inediti dei Nuova Era risaliva addirittura al 1995!!! E’ vero che nel 2010 la band aveva pubblicato un lavoro omonimo che comprendeva delle versioni live e/o alternative di brani già conosciuti ed inoltre tre tracce presenti nel progetto-Colossus dedicato alla “Divina Commedia”, ma è solo con “Return to the castle”, appena uscito su etichetta AMS Records, che possiamo ufficialmente accogliere un nuovo lavoro dei “ragazzi” (ormai cresciutelli…) fiorentini. 20 anni, e più, in cui Walter Pini, tastierista e fondatore, nel lontano 1985, della band, ha tentato in ogni modo di tenere accesa la “fiammella vitale” del gruppo (vedi le tracce apparse sul “Paradiso”, “Purgatorio” ed “Inferno” per i “tipi” della Musea) e che finalmente, in questi giorni, ha visto coronato la sua perseveranza con il nuovo album in studio. Un ritorno in grande stile con una copertina “a tema” ed un bel booklet fotografico e provvisto delle doverose liriche.
Due aspetti appaiono subito evidenti e si tratta di due importanti novità. I testi, per la prima volta nella storia del gruppo, sono in inglese (curati da James Hogg, come del resto la copertina), inoltre alla voce ed alla chitarra c’è il ritorno di Alex Camaiti (presente per l’ultima volta in “Io ed il tempo” del 1992…) che si aggiunge ai nuovi Rudi Greco al basso e Maurizio Marra alla batteria. Per il resto siamo di fronte ad un sound che possiamo definire “tipicamente Nuova Era”, con importanti trame strumentali barocche e piene di enfasi in cui, neanche a dirlo, le tastiere di Walter Pini imperversano (quasi) incontrastate.
75 minuti (e capiamo la difficoltà di vedere in circolazione anche la versione in vinile…) spalmati su 11 brani, di cui solo tre cantati, impregnati del gusto “seventies” di Pini e compagni, le cui influenze (dai Deep Purple agli EL&P, da Le Orme al Museo Rosenbach ed altro ancora) riecheggiano piacevolmente in tutto il lavoro. Un album che è il naturale seguito musicale de “L’ultimo viaggio” o di “Dopo l’infinito”, anche se i tempi pioneristici targati Contempo sono ormai lontani e la band è inevitabilmente maturata. “Return to the castle” è un concept, come nella consolidata tradizione prog, e tratta le vicende di un cavaliere che ritorna al suo castello e scopre che il suo re è passato a miglior vita. Il prog ad alto tasso sinfonico della band ben si sposa con le atmosfere medioevali che pervadono l’opera ed il risultato finale è senza dubbio gradevole. Non mancano delle ombre qua e là, come qualche incertezza nel cantato (comunque limitato a 3 tracce come si diceva) e forse l’eccessiva lunghezza dell’album. Il tutto però ampiamente compensato dalla bellezza delle musiche e dal pathos che ne scaturisce.
Difficile scegliere qualche brano che si faccia preferire ad altri. Probabilmente la lunga traccia strumentale iniziale “Return to the castle pt. 1”, aperta da un magniloquente organo, con qualche inserto “medievaleggiante” e con ficcanti interventi della chitarra di Camaiti che riesce a farsi strada nel “bailamme” tastieristico imperante. Altro “must” “The knight and the dragon”, brano cantato stavolta, sempre keyboards-oriented ma con una chitarra più efficace e presente che in passato, tanto che il giovamento del sound appare palese con un suono più compatto e “caldo”, oltre che decisamente coinvolgente. Segnaliamo, infine, “The castle”, altro notevole brano “barocco” e con persino qualche concessione più melodica ed ammiccante. Notevole, poi, il crescendo finale. Un album che si fa apprezzare ad ogni ascolto sempre di più e che riporta in auge un gruppo “seminale” per la rinascita del prog in Italia sul finire degli anni ‘80 del secolo scorso.
Forse si poteva “limare” qualche minuto alla durata complessiva dell’album (che invece doveva contenere addirittura una traccia in più…), ma l’ascolto ci lascia indubbiamente soddisfatti. In cantiere il gruppo ha già un nuovo album che dovrebbe essere ispirato ad un romanzo di Jules Verne. Speriamo non sia troppo lunga l’attesa. Nuova Era o “dell’eterno ritorno”? Solo il Tempo ce lo dirà. Nel frattempo gustiamoci “il ritorno al castello”…


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Valentino Butti

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