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Matthew è sicuramente noto negli ambienti Prog per essere stato l’istrionico vocalist dei Discipline. La musica dei Discipline, pur all’interno dei sentieri del Prog sinfonico classico e ricca di molte influenze, non era così lontana da certe sonorità e tracce tipiche dei Van Der Graaf, sicuramente una delle influenze del gruppo. Con questo lavoro solista Matthew dimostra come Peter Hammill non fosse solo uno dei tanti modelli che possono averlo ispirato, ma uno dei principali. “Astray” è una collezione di sette canzoni che, a differenza delle composizioni solistiche di Peter però, sono sette piccole sinfonie, l’ultima delle quali non poi troppo piccola, dalla durata di 6 minuti e oltre (21 per l’ultima) ed atmosfere spesso dilatate. Il tono generale ovviamente è abbastanza cantautoriale, con un sapore un po’ dark che permea il tutto, con dei testi di humour nero che invito a leggere. Matthew in questo disco canta e suona tutti gli strumenti tranne il basso (di cui si occupa l’altro ex-Discipline Mathew Kennedy); la densità, la complessità e i fraseggi che può offrire una band completa ovviamente scarseggiano qui ma Parmenter ha talento a sufficienza per riempire molti dei vuoti. Lui è principalmente un tastierista, e ovviamente un patito del Mellotron, ma la sua chitarra è più che adeguatamente valida. Dopo un ottimo inizio, via via che passano i minuti e le tracce, il mood scade un po’, decadendo forse troppo su terreni introspettivi un poco anonimi e (a mio giudizio) poco interessanti, anche se non disprezzabili. Il tono si risolleva decisamente all’altezza della già citata ultima traccia, i cui 21 minuti non sono privi di momenti scialbi ma che, nel complesso, risolleva le sorti dell’album. Un album che nel suo totale è carino, non certo imperdibile e fa pensare che può fare molto meglio (non avessimo mai ascoltato i Discipline…!).
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