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PYMLICO Meeting point Apollon Records 2016 NOR

Zitti zitti i norvegesi Pymlico sono giunti al loro quarto album. Dico… zitti zitti perché si tratta di un gruppo giovane e non particolarmente considerato, stante anche il fatto che i loro album sono stati editi solo in digitale o comunque in tirature piuttosto limitate. Fatto sta che questo “Meeting Point” mi pare piuttosto interessante e sarebbe un peccato far finta che questo gruppo non esista, anche se non rivoluzionerà certo le classifiche di fine anno.
La musica dei Pymlico è strumentale, fatta di atmosfere ampie e scintillanti, con arrangiamenti ricchi, opera dei cinque membri fissi del gruppo del cospicuo numero di ospiti, per cui il collocamento all’interno del Prog sinfonico va decisamente stretto, spaziando su territori jazz, psichedelici, funky… il tutto suddiviso su 8 tracce di durata variabile ma mai al di sopra dei 9 minuti (8’55” della conclusiva “Erised”), per un totale di appena 40 minuti. Il risultato è certamente seducente e riesce a mantenere viva l’attenzione senza far scendere mai l’attenzione, anche se c’è da dire che l’album comincia a decollare a partire dalla terza traccia (“Broken Glass”). La precedente “Second Rate Punk” è un susseguirsi di riff dalle movenze funky che alla fine risulta un po’ discontinua e spezzettata. Dopo di essa però il senso della melodia prende il sopravvento, con belle parti di chitarra sostenute da delle tastiere brillanti, con una sezione ritmica decisamente ben assestata e i fiati che occasionalmente fanno la loro comparsa ad arricchire il suono.
Nelle parti più melodiche sembra di poter accostare il suono del gruppo a quello dei Camel, anche se si tratta sempre di una sensazione effimera e i Pymlico sanno sempre stupirci e trovare la mescola che non ti aspettavi, tirando fuori il riff martellante o l’assolo di sax che scompagina le tue sensazioni. Anche il brano intitolato “NOL861613060” (!), caratterizzato da un sound più pesante, con una chitarra poderosa e una ritmica a tratti minacciosa, alla fine si tramuta in una galoppata di chitarra, fattasi ora più melodica, e fiati. La lunga e già menzionata “Erised” sembra invece voler inizialmente sconfinare nell’elettronica e nella psichedelia, salvo sfumare anch’essa in un finale melodico ed avvolgente.
Un dischetto piacevole, come si diceva all’inizio, nulla più… e nulla di meno. Siamo rimasti decisamente soddisfatti dell’ascolto e siamo sicuri che i nostri stanno già preparando il nuovo lavoro.



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Alberto Nucci

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