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PYMLICO |
On this day |
Apollon Records |
2020 |
NOR |
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Nonostante sia giunta al suo sesto album in studio, il nome di questa band norvegese non è ancora molto conosciuta e apprezzata, malgrado il livello musicale di questi sei album si sia comunque mantenuto sempre su buoni livelli e malgrado anche la lor musica sia anche abbastanza accessibile e conservi numerose attrattive per chi ama un Prog elaborato ma non troppo complesso da assimilare. L’unico appunto che gli si può fare, dal punto di vista della potenziale popolarità, è rappresentato dalla scelta di conservare l’approccio prettamente strumentale. Anche questo nuovo album conserva quindi questo approccio, messo in pratica con una musica facilmente ascrivibile ad un Progressive Rock sinfonico con molte sonorità fusion. Rispetto all’album precedente, c’è da notare l’ingresso in formazione di un sassofonista in pianta stabile (Robin Havem Løvøy) e l’abbandono del bassista Axel Toreg Reite, sostituito di volta in volta da vari ospiti (ben sei, in totale). Il batterista Arild Brøter continua ad essere il principale compositore delle musiche ma la situazione è comunque cambiata da quando il gruppo era in pratica formato da lui stesso, attorniato da una folta congrega di ospiti; già da un po’ i Pymlico sono una band vera e propria, con una formazione sufficientemente stabile e questa situazione non ha influito che positivamente sulla coesione e sulla coerenza di un progetto che, comunque, anche ai suoi inizi ha sempre sfornato album più che apprezzabili. Le 8 tracce di questo nuovo album hanno un approccio forse leggermente più avvicinabile a un pop sinfonico di fine anni ’70, con melodie affabili e momenti quasi da big band. C’è chi ha tirato fuori il paragone con Gerry Rafferty e devo dire che trovo questo accostamento abbastanza azzeccato. La presenza in pianta stabile di un sassofonista, che non risparmia di certo il suo onnipresente contributo, facilita di sicuro l’orecchio a tutto ciò. Se da un lato abbiamo quindi la consueta, per chi la conosce già, miscela musicale di questa band, dall’altra occorre senz’altro dire che le melodie e le sonorità perdono un po’ della loro componente Prog sinfonica in favore di suoni più orientati su una fusion di relativamente facile ascolto. Il tutto viene confezionato in modo molto professionale e coerente ma forse un po’ di appeal risulta leggermente scemato, soffocato da una cascata di fiati di decisa impronta a stelle e strisce (Chicago, Earth Wind & Fire, etc.).
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Alberto Nucci
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