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A TRIGGERING MYTH The remedy of abstraction The Laser's Edge 2006 USA

Ci avevano lasciati nel 2002 con uno splendido “Forgiven Eden” e, visti i tempi, poco contavo su una nuova uscita. Poi, in effetti, un certo battage li dava per vivi e vegeti e in sala di incisione. Ecco il nuovo CD.
Come mi accade ormai dall’avvento del CD, tendo a prestare meno occhio alle copertine, memorizzandole per doveri di catalogazione, ma non con la voglia quasi morbosa che si aveva con il vinile. Questa copertina invece mi ha svegliato qualcosa e il suo impatto mi è parso subito positivo e ben mi ha predisposto per l’ascolto.
Il gruppo, in 16 anni e 6 album, ha avuto un’escalation chiarissima e presentarsi dopo il citato CD del 2002 poteva essere cosa piuttosto delicata. Invece, meraviglia-meraviglia, questo disco è certamente il migliore della loro produzione, sia per equilibrio compositivo, sia per l’impatto sonoro.
Continuano le collaborazioni con “alcuni dei migliori strumentisti al mondo” come dagli stessi Drumheller e Eddy definiti. Così dopo aver fatto suonare, tra gli altri, Piras e Bonetti di “Deus Ex Machina”, qui troviamo Scott McGill, Vic Stevens e Michael Manring dell’omonimo trio fusion statunitense e lo splendido Akihisa Tsuboy dei notevoli giapponesi KBB, al quale hanno dato un posto di assoluto rilevo nell’esecuzione dei brani.
Brani interamente strumentali dove unito al jazz/rock più ricercato e raffinato alcuni splendidi momenti canterburiani, grazie anche al bassista Michael Manring che a tratti sembra un clone di Richard Sinclair.
Quindi, come sempre, una fusion molto prog grazie all’uso massiccio di tastiere un po’ Chick Corea, un po’ Herbie Hancock, ma anche molto Dave Stewart. Tra i nove brani, uno meglio dell’altro, vorrei segnalare la title track - che presenta un favoloso inizio - dove i National Health incontrano Perigeo e il migliore (e zappiano) Jean Luc Ponty. “Rudyard’s Raging Natural” con i suoi due minuti e mezzo di Canterbury (Gilgamesh) e la medio lunga “When Emily Dickinson Learned To Lunge” dove ci si sente catapultati in tematiche brufordiane alla “One of a Kind” o alla Mussida di Jet Lag.
Un lavoro all’insegna dell’omotetia, dove molti piani sonori ruotano attorno ad un concetto base, con grandi assolo, partiture all’unisono, atmosfere poliformiche con anche qualche momento più RIO, secondo i dettami scolastici dei primordi di Tim Drumheller.
La bella copertina, come sempre realizzata da Travis Smith, è ispirata all’opener “Now That My House Has Burned Down, I Have A Beautiful View Of The Moon”.
Il tutto è raccolto in questo lavoro, il più prog della band, che raccomando a tutti gli appassionati senza dubbio di smentita, per 52 minuti di gioie sonore connotate, forse, da una non eccessiva personalità, ma godibile dalla prima all’ultima traccia.

 

Roberto Vanali

Collegamenti ad altre recensioni

A TRIGGERING MYTH Twice bitten 1993 
A TRIGGERING MYTH Between cages 1995 
A TRIGGERING MYTH The sins of our saviours 1998 
A TRIGGERING MYTH Forgiving Eden 2002 

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