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TOXIC SMILE 7 Progressive Promotion Records 2013 GER

Sembra che negli ultimi anni le prog-metal band tedesche suonino un po’ tutte con le stesso marchio di fabbrica. Concept o comunque trame letterarie complesse, espresse su una musica energica che però vuole essere anche molto catchy, accattivante con melodie furbe. Forse il fenomeno è dovuto al fatto che i gruppi presi in esame provengono per la maggior parte dalla Progressive Promotion Records, label germanica tendente a mettere sotto contratto proprio questo tipo di realtà, che tra l’altro interagiscono tra di loro prestandosi l’un l’altra i rispettivi musicisti. I componenti dei Toxic Smile, infatti, hanno avuto modo di suonare in questi anni con colleghi di scuderia come i Seven Steps To The Green Door o i Flaming Row, solo per citare due nomi.
Esordienti nel 2001 sulla sud coreana BMG (con relativa diffusione nel mercato asiatico), questo – se contiamo anche l’EP “Overdue visit” – risulta essere il quarto lavoro del quintetto teutonico, oltre al DVD contenente una performance unplugged accompagnata da coro ed orchestra da camera. L’intento è proporre musica dai colori ricchi, senza perdere mai di vista la concretezza, con controtempi vigorosi e melodie orecchiabili, rientrando così in quei parametri esposti all’inizio. L’iniziale “From Inside Out” sembrerebbe rientrare in questo schema, anche se già si avverte la caratteristica di un ritornello che parte con tutte le intenzioni melodiche dell’occasione, ma che poi non si rivela alla stregua di come si poteva pensare in fase iniziale. “Barfeooted Man”, nei suoi otto minuti e mezzo, è ricca di controtempi eseguiti al meglio, mentre “Needles” non risulta affatto poi così orecchiabile, nonostante le relative partiture potrebbero suggerire il contrario.
“Love Without Creation” si mostra interessante anche perché il tastierista Marek Arnold (uno di quelli più impegnati nelle collaborazioni esterne) imbraccia il sax e crea qualcosa di diverso, giungendo poi agli altri otto minuti di “Rayless Sun”. Qui i cinque musicisti hanno modo di esprimere meglio i loro intenti, ribadendo ancora una volta come siano proprio le esecuzioni con passaggi ritmici intricati il loro cavallo di battaglia. Inoltre, si ha la conferma che la voce di Larry B. risulti spesso simile a quella di una sorta di Phil Collins dei vecchi tempi, però decisamente più rabbioso e mai appiattito da effetti “ripulenti”, che dovendo andar dietro a riff duri acquisisce una connotazione dai risultati ambivalenti. Dopo “King Of Nowhere”, partono i sette minuti della settima e ultima “Afterglow”, aperti dal violino dell’ospite Cat Henschemann. Pezzo molto duro con passaggi in secondo piano a tratti sognanti, intramezzato dall’assolo lirico del chitarrista Uwe Reinholz. Alla fine, forse quest’ultimo risulta uno degli inconsapevoli protagonisti, ma essenzialmente per la fase ritmica dettata all’intero lavoro. E a questo punto, non si possono non citare il bassista Robert Brenner ed il batterista Robert Eisfeld, responsabili di quello che poi è il reale leit-motiv durante tutto l’ascolto, in quanto di assoli non è che ce ne siano poi così tanti.
Questo “7”, i cui numeri dei pezzi sono contrassegnati con i simboli della numerologia maya, non dice assolutamente nulla di più rispetto a quanto è stato già abbondantemente espresso sull’argomento. Ergo, chi ama un certo tipo di musica e non vuole variazioni sul tema rimarrà accontentato. Gli altri, continueranno a rumoreggiare. Ma il contenuto del dischetto non sembra affatto rivolto verso quest’ultimi.


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Michele Merenda

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