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THE TANGENT A spark in the aether - The music that died alone - volume two Inside Out 2015 UK

"Tutto qui?" ho pensato. Per farla breve, l'album nel complesso è sufficientemente valido però mi aspettavo di più. I Tangent sono il classico gruppo di progressive manieristico che è sempre riuscito, in modo netto, a rimanere su buoni livelli di qualità senza inventare praticamente nulla e senza produrre capolavori o momenti memorabili. "A spark in the aether", invece, mi è sembrato da subito un disco un po' stanco, con meno idee del solito. L'inizio è in classico stile Tangent, progressivo e rock, con un brano dal ritmo serrato, le melodie di sintetizzatore di Andy Tillison, l'organo Hammond, la chitarra elettrica che dà quel tocco di hard che non guasta mai e il ritornello di facile presa. Niente di sconvolgente ma tutto sommato un brano gradevole, una specie di singolo per introdurre l'album, dal quale prende anche il nome. È la successiva "Codpieces & Capes" ad avermi lasciato indifferente. In dodici minuti ci sono pacchi di riff di chitarra, le solite linee di synth, cori, assoli, stacchi, rallentamenti e accelerazioni. In teoria è un brano perfetto, scritto come un ideale e coinvolgente mini-suite progressiva, ma in realtà scorre veloce lasciando la sensazione di aver ascoltato un lungo riempitivo fatto di idee scontate. Molto meglio "Clearing the attic", il consueto momento canterburiano, dove a fare la differenza è anche la presenza di Theo Travis, a mio avviso poco sfruttato durante tutto l'album. Valida anche "Aftereugene", uno strumentale dove si fa sentire una maggiore sperimentazione e che in parte è un omaggio ai Pink Floyd di "Carefull with that axe Eugene", con un bell'assolo di sax a chiudere il brano mentre sfuma. La suite "The celluloid road", contiene in oltre venti minuti delle buone idee ma nel complesso è un po' stiracchiata e lascia all'ascolto la stessa sensazione di "Codpieces & Capes". C'è infine la seconda parte di "A spark in the aether" a risollevare la soglia dell'attenzione, in otto minuti che iniziano lenti e ragionati per poi riprendere il ritmo serrato ed il tema della prima traccia.
"A spark in the aether" ha un sottotitolo, "The music that died alone - volume two", ma è inutile dire che per quanto mi riguarda non regge il confronto con l'album d'esordio, a ormai dodici anni di distanza ancora il più fresco e godibile lavoro dei Tangent. È trascorso del tempo, tanti musicisti sono passati da queste parti (e anche tornato Jonas Reingold), tanta musica à stata scritta e Andy Tillison continua a portare avanti coraggiosamente il suo progetto. Un album leggermente sotto tono ci può anche stare e tutto sommato non è una tragedia. Mi auguro che sia solo un episodio e che i prossimi lavori tornino ad essere all'altezza dei migliori momenti dei Tangent.



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Nicola Sulas

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