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LA ZONA Le notti difficili Mellow 2002 ITA

Quasi simultaneamente a "Il giorno sottile" di Quadraphonic, si materializza un altro Oggetto Volante Non Identificato. In ambedue i casi al timone c'è l'alieno Zuffanti, ma qui a fargli compagnia troviamo un equipaggio. E che equipaggio: Stefano Marelli, Agostino Macor e Marco Cavani, imprescindibili membri del battaglione-Finisterre. Proprio da tale avventura è nato il progetto laZona, che ha recuperato un'idea del gruppo madre ampliandola fino a raggiungere i 45 minuti lungo i quali si snoda "Le notti difficili".
Si tratta dunque di una suite suddivisa in quattro parti che vanno in realtà a costituire un unicum, dato che si segue uno svolgimento logico e preciso che prevede un progressivo, azzeccato riempimento sonoro che talora si placa per far emergere effettistiche basi sintetizzate, fino alla deflagrazione de "Il sogno della scala" che, nell'ultima traccia, a sua volta si ricompone alla ricerca degli umori di partenza. Il mood generale è molto dilatato, tipico della psichedelia sperimentale dei Pink Floyd di "Ummagumma", però a me piace scovarci anche gli aromi spirituali de Le Stelle Di Mario Schifano. Altra componente fondamentale è certo il kraut-rock cosmico ed avanguardistico, con le stimmate dei Can o dei primi Tangerine Dream; tuttavia si deve tenere nel debito conto il ruolo giocato dalla tromba dell'ospite Michele Nastasi (Psychonoesis), capace di accentuare quell'onirismo e quel senso del mistero che avvolgono l'opera. La prima parte, "Solitudini", è gradevole, rilassante e neppure troppo ostica. Il discorso trova il suo naturale sviluppo ne "Il babau", con la tromba protagonista insieme all'aerea chitarra di Marelli, che ci invita a librarci, corpo e anima, alla ricerca di nuove dimensioni; con l'ingresso della batteria il pezzo si fa decisamente intelligibile anche per chi ama suoni più "tradizionali". Il climax si raggiunge però nel già citato "Il sogno della scala": l'inizio cupo e ieratico al tempo stesso, dominato dal basso e da cori antichi, lascia pian piano spazio ad una ritmica sempre più martellante che prelude all'esplosione della chitarra distorta, per offrirci un qualcosa che si può anche assimilare a certo dark moderno, pregno di suggestioni wave. In tale contesto, fortemente energetico, si integra a meraviglia pure un immaginifico mellotron... Stupendo! Chiude "Equivalenza" col suo impressionismo psichedelico, figlio di un minimalismo sempre curatissimo.
Ogni cervello coinvolto nell'operazione ha dunque fornito un proprio contributo alla causa creativa; oltretutto il gruppo è ovviamente già affiatato dall'esperienza Finisterre. Ancora una volta i laser di Zuffanti & soci hanno centrato il bersaglio. Ma non fatelo sapere al comandante Straker.

 

Francesco Fabbri

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