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DAVID CROSS The big picture Red Hot Records 1993 UK

Toh, chi si rivede... Spero che David non abbia bisogno di presentazioni per la maggior parte di voi, ma quei due o tre che non lo conoscono dovrebbero andare ad ascoltarsi quel paio di album (oltre ai vari live e bootleg) dei KING CRIMSON in cui lui deteneva il ruolo di violinista titolare. Occorre innanzi tutto dire che la definizione di album solistico non è molto corretta, parlando di questo CD. David infatti ha intorno a sé una vera band che firma tutti e 10 i brani presentati. I violini (acustico ed elettrico) di David sono presenti in tutti quanti i pezzi, ma la loro presenza non è invadente e raramente possiamo ascoltare funambolici assoli. Questo non protagonismo è quindi lo stesso dei bei tempi dei CRIMSON, in cui il violino serviva per sottolineare, più che per coprire; una rottura del brano, più che un mero elemento armonico dello stesso. Durante tutta la durata dell'album riusciamo a sentire gli echi di "Larks' tongues in aspic" aggrapparsi alle nervose sonorità delle 10 canzoni di questo CD, come se cercassero di farsi di nuovo luce dopo essere rimaste sepolte sin dalla pubblicazione di quell'album, dieci anni di oblio fa, riuscendo peraltro a far risorgere con loro lo spirito, o comunque gran parte di esso, dei migliori anni del Re Cremisi. Non dimostratevi titubanti se vedete che le composizioni hanno dai 4 ai 6 minuti di durata; ogni canzone ha tanta carne al fuoco che qualcun altro potrebbe utilizzarla per una suite, dilatandone temi e tempi. Non sarebbe giusto però per la musica di David, che ha nell'immediatezza, nei flash creativi, nel gusto del non tirare troppo in lungo i lampi di musica che riesce a creare, le armi che possono sbaragliare il campo dei dubbi. Una domanda sorge spontanea: si tratta di Progressive? La risposta è sì, anche se non del tipo canonico che siamo abituati ad aspettarci. OK, cos'è il Progressive canonico? Rimandiamo l'oziosa questione ad un altro momento, tanto so che avete capito cosa intendo.

 

Alberto Nucci

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