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ERIK NORLANDER Stars rain down Think Tank Media 2004 USA

Primo album live per il virtuoso tastierista dei Rocket Scientists, nonché autore di tre album solistici a cavallo del nuovo millennio (il più recente è l’ambiziosa opera-rock “Music Machine”) ed ospite fisso nelle produzioni di Arjen “Ayreon” Lucassen.
Per chi non avesse avuto occasione di apprezzarlo, lo stile di Norlander paga un oneroso tributo artistico al maestro dichiarato Keith Emerson, da cui però si differenzia per via dell’aggiunta di passaggi dal sapore space pinkfloydiano e generose spruzzate di prog-metal. In particolare, la ruvida voce del cantante Kelly Keeling evidenzia il lato hard-rock della musica proposta mentre la chitarra di Peer Verschuren è capace sia di assoli melodici e liquidi che di escursioni aggressive; a completare i ranghi il bassista Don Schiff (che si cimenta all’NS-Stick, strumento che gli permette di ottenere contemporaneamente suoni di basso e di chitarra!) la dotata vocalist Lana Lane (moglie di Erik) ospite in cinque tracce ed i batteristi Ed Warby (già alla corte di Lucassen) e Ernst van Ee. L’album contiene 75 minuti di registrazioni effettuate in giro per l’Europa tra il 2001 e il 2003, con una scaletta che pesca sia dalle opere solistiche che dal repertorio dei Rocket Scientists, comprendente una buona metà di brani strumentali.
Nulla da eccepire sulla tecnica del nostro keyboard wizard americano, né sulla scelta dei suoni (spesso analogici), ma come rovescio della medaglia abbiamo una proposta che rischia di faticare ad emergere dalla massa delle produzioni odierne, facendo spesso della pomposità la sua bandiera. Per nostra fortuna, è proprio quando i tempi si dilatano, come nella lunga strumentale “Sky full of stars”, che Erik da il meglio di sé come compositore e sfrutta l’occasione per lasciare spazio ai chitarristi. Al contrario, brani come “Neurosaur” dalla struttura melodica costruita esclusivamente sui synth possono lasciare un po’ perplesso l’ascoltatore per la carenza nella varietà delle soluzioni (a più riprese il mio pensiero è andato alle giapponesi Ars Nova). Tra i brani cantati da segnalare sicuramente “Mariner”, energica e muscolare ma senza ricorrere a forzature; altrove invece, come in “Heavy Metal Symphony” la voce roca di Keeling può risultare invadente se non indigesta e sposta pericolosamente la lancetta verso il settore AOR del quadrante.
In definitiva, un album di hard-prog ben suonato e dal piacevole feeling “live” ma che mi ha lasciato all’asciutto di emozioni per una buona metà della sua lunga durata. Se però il lato più “metallico” degli Ayreon è il vostro piatto preferito (sfortunatamente non è il mio…), potete concedergli una possibilità: la cura riversata nella produzione potrebbe certamente rendervelo appetibile.

 

Mauro Ranchicchio

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