Home
 
PORCUPINE TREE Fear of a blank planet Roadrunner Records 2007 UK

A completamento di un’ideale trilogia dark che vide “In absentia” introdurre i Porcupine Tree a sonorità marcatamente più heavy di qualsiasi produzione precedente (forse a causa delle influenze subite da Steven Wilson frequentando band come Opeth, O.S.I. e Meshuggah), puntuale come la trista mietitrice (“she’s very rarely late”, dicevano i Genesis…) ecco arrivare questo “Fear of a blank planet”, corredato da una copertina inquietante al punto giusto e da collaborazioni illustri.
Questa volta le tracce sono soltanto sei, con la title-track e gli altri brani più lunghi che si riallacciano perfettamente agli schemi compositivi di Deadwing, contrapponendo strofe frenetiche e claustrofobiche a refrain liberatori e piuttosto ariosi con buon uso delle armonie vocali.
A rendere più digeribile l’ascolto non mancano episodi dolci e riflessivi come “My ashes”, composta assieme a Richard Barbieri e dominata da pianoforte ed archi o “Sentimental”, altra apprezzabile ballata sulla falsariga di brani come “Lazarus” e “Collapse the light into Earth”, memore del periodo di “Stupid Dream” e ”Lightbulb Sun”, che personalmente reputo la fase più creativa nella carriera dei porcospini, seppure la più fruibile.
La pièce de résistance porta il… solare titolo di “Anesthetize” e riassume in modo fin troppo esemplare tutti i giochi di prestigio cari a Wilson: nostalgiche linee vocali su base percussiva (e per una volta il roccioso Gavin Harrison riesce ad essere creativo), inevitabili accelerazioni e distorsioni con la manopola dell’overdrive sul fondoscala, parentesi sparse ed incorporee di ispirazione floydiana, sonorità space per chitarra slide e piano elettrico e last but not least il… coniglio uscito dal cilindro: l’ospite Alex Lifeson (Rush) a srotolare il suo orientaleggiante solo di chitarra.
Mi domando se la scelta di indurire a tutti i costi le sonorità sia dovuta ad un cambio di baricentro nel gusto della band o se invece sia mirata ad accattivarsi una fetta di pubblico, quello del prog-metal, che al giorno d’oggi sembrerebbe più fedele e propenso a seguire i propri idoli anche in situazioni live. La stessa domanda me la posi quando i Porcupine Tree iniziarono ad emulare i Radiohead (ed il rock alternativo in genere) alla fine degli anni ’90: probabilmente in entrambi i casi si trattò di genuine ragioni artistiche, ma non riesco a scacciare il dubbio che tali scelte siano state quelle ruffianamente giuste al momento giusto.
In fondo all’album troviamo “Way out of here”, che passerebbe quasi inosservata se non fosse per i soundscapes accreditati a Robert Fripp (che non fanno certo la differenza) ed alcuni rimandi ai Pink Floyd di “Have a cigar” e dopo tanto sfoggio di muscoli, infine Wilson & co. ci invitano a dormire assieme, con il brano “Sleep together” che conferma la (momentanea?) carenza di fantasia che inficia buona parte dell’album; non bastano le sottolineature di un sinuoso violoncello (tra “Kashmir” e “I am the walrus” per intenderci) a salvare un brano anonimo ed incolore.
Intendiamoci, preso in assoluto questo “Fear of a blank planet” è sicuramente un buon album, senz’altro sopra la media delle nuove produzioni… la ragione delle mie critiche è che dai Porcupine Tree mi attendo di essere sorpreso con soluzioni se non originalissime quantomeno imprevedibili, e dopo la terza variante dello stesso copione credo sia opportuno cambiare rotta verso qualcosa di nuovo! Nel frattempo non perdo la fiducia… e non do ascolto alla pulce nell’orecchio che mi parla di band sopravvalutata.

 

Mauro Ranchicchio

Collegamenti ad altre recensioni

BLACKFIELD Blackfield 2004 
BLACKFIELD II 2007 
BURNT BELIEF Emergent 2016 
PORCUPINE TREE The sky moves sideways 1995 
PORCUPINE TREE Coma divine 1997 
PORCUPINE TREE In absentia 2002 
STEVEN WILSON Grace for drowning 2011 
STEVEN WILSON Drive home (CD + DVD) 2013 
STEVEN WILSON The raven that refused to sing and other stories 2013 

Italian
English