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SYNDONE Melapesante Electromantic Music 2010 ITA

All'inizio degli anni Novanta i Syndone, gruppo torinese guidato dal tastierista Nik Comoglio, prende parte alla rinascita del prog Italiano con gli album “Spleen” (1990) e “Inca” (1993). I due dischi, seppur di chiara matrice Emersoniana, denotano una certa personalità, presentando spunti molto interessanti. In seguito la band si scioglie, ma Comoglio, tutt'altro che con le mani in mano, realizza diversi album, portando avanti un progetto musicale di tutto rispetto che lo vede cimentarsi nei contesti più disparati (rock progressivo, musical, classica, colonne sonore), finché quest'anno decide di far rinascere i Syndone con una formazione completamente diversa!
Ed ecco che tra le mani ci ritroviamo “Melapesante”, concept album sul simbolismo ambiguo della mela, a partire da Adamo ed Eva fino alla Grande Mela New Yorkese e l’11 settembre, passando per Guglielmo Tell, Newton e Magritte. Per l’occasione il musicista torinese ha voluto fare le cose in grande stile, scegliendo i celeberrimi studi di Abbey Road per la masterizzazione dell’album e reclutando talentuosi giovani musicisti della scena jazz italiana. Al basso e al contrabbasso troviamo Federico Marchesano, che ha collaborato tra gli altri con Louis Scalvis, Gianluigi Trovesi, Elio e il gruppo folk jazz indonesiano Krakatau, alla voce e al flauto Riccardo Ruggeri, proveniente dal gruppo dei Lomé (autori di un jazz rock eccentrico che potrebbe ricordare i Quintorigo); completano la band il vibrafonista e percussionista Francesco Pinetti e il batterista Paolo Rigotto. Ad integrare il tutto uno stuolo di sessionmen che puntellano qua e là il disco di fiati, archi, ottoni e altri strumenti, arricchendolo di colori.
I Syndone seppur mutati nell'interno, non rinnegano il loro passato di gruppo sinfonico keyboard-oriented, ma lo arricchiscono con tutto il percorso artistico di Comoglio e le esperienze musicali dei nuovi arrivati. Jazz, Classica, Rock, ma soprattutto Progressive, qui convivono in perfetta armonia. La chitarra continua ad essere quasi del tutto assente mentre le tastiere, doverosamente vintage, rimangono il punto di riferimento principale, seppur in maniera più controllata e meno invasiva dei precedenti lavori, lasciando spesso il palcoscenico ad altre soluzioni sonore. Ne è un esempio lo stupendo dialogo tra il vibrafono, il violoncello e il basso che troviamo nel brano “Il Giardino delle Esperidi”, oppure lo stesso basso di Marchesano, che spesso non si limita ad accompagnare ma diventa protagonista con elegante virtuosismo mai fine a se stesso. Come è assolutamente da sottolineare l'apporto dato da Ruggeri, vocalist eclettico e talentuoso, in bilico tra Di Giacomo e Renga, capace di barcamenarsi abilmente tra momenti intimistici e melodici (“Magritte” e “Il Giardino delle Esperidi”) con intenso lirismo, altri più propriamente rock (“Mela di Tell”, “Melancholia D’Ophelia” e “Melapesante”) con grinta e determinazione e altri ancora teatrali (“Mela Pensante”) con istrionica vivacità. Nik, invece, sfoga tutta la sua esuberanza lasciando a briglia sciolta le sue tastiere nei due pezzi strumentali, la classicheggiante “Allegro Feroce” e il divertissement musicale di “4 Hands Piano Boogieprog”, piacevolmente eccessivi e malgrado tutto non pacchiani. Anche per ciò che riguarda la composizione, associare i nuovi Syndone unicamente alla figura di Comoglio sarebbe errato: si tratta di un gruppo dalle diverse anime che, seppur in maniera più o meno minoritaria, contribuiscono alla riuscita dell'album. Marchesano è autore di ben tre pezzi, tra i migliori dell’intero album, mentre quasi tutti i testi sono a firma di Ruggeri.
Il disco è 100% made in Italy, non ci si può sbagliare: attinge a piene mani dalla migliore tradizione progressive sinfonica italiana, puntando molto sull’armonia delle melodie. Melodie con la M maiuscola, quasi sempre eleganti e accattivanti, anche se forse in un paio di punti un po’ troppo di facile consumo (il ritornello di “Melapesante” ancora non riesco a digerirlo del tutto). L’approccio alla composizione è all’apparenza lineare al fine di ottenere un prodotto più immediato, ma in realtà nasconde una scrittura molto articolata, ricca di molteplici sfaccettature, con arrangiamenti sopraffini di gran classe e, citando le parole dello stesso Comoglio, “è una musica complessa, ma non complicata”. Tutto ciò rende l’album fruibile a vari livelli, uno di maggior impatto e comunque piacevole, un altro più nascosto e strutturato, ma certamente più gratificante. I Syndone riescono, dote abbastanza rara oggigiorno, a suonare progressive sinfonico con originalità e intelligenza, senza dover esasperare un idea musicale all’infinto per allungare canzoni o sbrodolare note all’inverosimile per il solo gusto di stupire. I brani sono tutti di notevole spessore, ma alcuni meritano una menzione particolare: l’acustica “Magritte” e la sofisticata “Malo in Adversity”, le quali non sfigurerebbero nel repertorio del Banco per la loro forza evocativa e raffinatezza, la trascinante “Mela di Tell”, ma soprattutto “Il Giardino dell’Esperidi” con le sue atmosfere rarefatte vagamente crimsoniane.
Arriviamo al dunque, “Melapesante” è un gran bel disco. Un disco che manderà in solluchero tutti gli amanti del progressive più melodico, ma non solo. Un disco che, pur rispettoso del Prog più classico, lo reinterpreta con originalità e personalità. Uno di quei dischi che avrebbe tutte le carte in regola per uscire tranquillamente dalla ristretta nicchia degli appassionati progressive e raggiungere un più vasto numero di consensi... se solamente …



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Francesco Inglima

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