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HERD OF INSTINCT Herd of instinct Firepool Records 2011 USA

Ecco un altro esempio di come un disco apparentemente nella media dei dischi senza lode né infamia sia in grado di crescere e guadagnare punti con il tempo e ripetuti ascolti… se è vero che certe tematiche musicali che si rifanno direttamente ai King Crimson rischiano ormai di essere del tutto inflazionate, tanto da farci temere che sia stato ormai già detto quasi tutto in questi ambiti musicali, ogni tanto esce un nuovo disco che suona ancora stimolante all’ascolto, pur basandosi su un territorio musicale ampiamente sfruttato: questo nuovo gruppo, Herd Of Instinct, anche se forse sarebbe più corretto definirlo “progetto”, è nato dalle ceneri dei 99 Names Of God, oscuro gruppo texano con all’attivo due album in cui alle tipiche influenze crimsoniane si aggiungevano in modo rilevante componenti ambient e di musica elettronica. In un certo senso gli Herd Of Instinct proseguono in parte il discorso musicale iniziato dai 99 Names Of God, anche se ora il numero delle persone coinvolte è aumentato considerevolmente: formati dai chitarristi Mark Cook e Mike Davison, insieme al percussionista Jason Spradlin, gli Herd Of Instinct si avvalgono della collaborazione di diversi musicisti importanti, fra i quali Pat Mastelotto e Jerry Marotta, Gavin Harrison, Gayle Ellett e Markus Reuter… l’insieme pur non essendo esattamente omogeneo e neanche particolarmente originale, è piuttosto convincente e riesce ad essere intelligente quanto basta per offrirci l’ennesima variazione a base di Warr guitar e crimsonite varia senza risultare stucchevole o eccessivamente manierista; c’è da dire che i brani tendono ad essere piuttosto complessi ed in effetti questo disco andrebbe ascoltato con la massima attenzione, non come semplice musica di sottofondo, per essere apprezzato al meglio nelle sue tante sfumature… In generale si potrebbe pensare a questo cd come una via di mezzo fra gli ultimi King Crimson, il Trey Gunn solista e certi esotismi orientali alla Steve Tibbetts, più virati verso atmosfere oscure, con qualche vaga citazione prog metal (più Fates Warning che Dream Theater) discretamente amalgamata nel contesto: il sound degli Herd Of Instinct è quindi decisamente americano, a tratti forse non particolarmente sorprendente… spesso decisamente godibile e stimolante, come nell’unico brano cantato “Blood Sky”, dove Gayle Ellett si impegna con un bel mellotron come sfondo di un eccellente assolo con la Warr guitar, oppure nella tenebrosa danza indiana di “Road To Asheville”, impreziosita dal flauto di Bob Fisher. E’ facile immaginare come le ritmiche siano spesso sincopate e frenetiche, specialmente quando l’elettronica guadagna spazio in loops e treatments, con qualche gradevole momento di rilassatezza ambient e più spesso orchestrazioni sinfoniche tutt’altro che placide… il clima generale del disco è dunque piuttosto inquieto e grandioso nella sua impalcatura sonora, nel complesso un buon disco che merita un ascolto fra le tanti interessanti uscite del vasto mondo del progressive rock odierno.


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Giovanni Carta

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