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KORAI ÖRÖM Sound and vision (studio) Szerzöi Kiadás 2001 UNG

Gli ungheresi tornano a sfornare un lavoro in studio dopo quattro anni. Tanto per non perdere il gusto di complicare la vita agli acquirenti, pensano bene di intitolarlo esattamente come il live pubblicato l’anno precedente, continuando ad omettere i titoli dei brani.
“Sound and vision” continua dove ci si era interrotti con l’album omonimo del ’97. Un uso maggiore dell’elettronica rispetto ai primi due album, lasciando ai sequencers il compito di tracciare quelle basi ipnotiche che in precedenza erano affidate alla percussioni ed ai vari strumenti a fiato. Un approccio molto più space, quindi, che già alcuni anni fa aveva avvicinato ulteriormente i magiari agli Ozric Tentacles. A dire il vero le percussioni sono sempre molto presenti, mentre i fiati sono quasi spariti e quelle rare volte che sono udibili, vengono impiegati in maniera totalmente differente.
E così, anche in virtù dei cambi di formazione registrati nel live di cui sopra, la tipologia musicale muta, aprendo il disco con delle chitarre acustiche che poi, con un approccio elettronico stile trance, sembrano guardare agli “spazi aperti” di gruppi tipo i Calexico. L’approccio è chiaramente e volutamente “commerciale”, come dimostra il pezzo successivo, ai limiti del lounge.
Bisogna attendere il terzo brano per cominciare a sentire qualcosa di diverso, come ad esempio delle chitarre graffianti, nonostante i suoni asiatici sintetizzati siano una chiara presa per i fondelli. Idem per il pezzo 4. Lunga meditazione, tutto sommato buona, nel quinto momento, mentre col brano finale si torna finalmente all’antico. Un viaggio approfondito nelle tradizioni popolari (sembra quasi di sentire uno scacciapensieri vero) con delle sonorità autentiche, che non sanno di posticcio.
Un album da consigliare, senza dubbio, a tutti gli attuali amanti degli aperitivi tardo-pomeridiani. Cosa c’entra? Tantissimo. La musica qui contenuta somiglia parecchio alle colonne sonore che accompagnano certi locali frequentati da “finti alternativi”, i quali pensano di sentire chissà cosa. Quella proposta dai Korai Öröm è oggettivamente roba migliore e magari potrebbe essere un modo per iniziare a farsi finalmente una cultura. Gli altri, vadano pure a riscoprire i primi tre lavori omonimi, impiegando molto meglio i propri soldi.



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Michele Merenda

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